A fare da apripista è stato ieri, 23 dicembre, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante la conferenza stampa di fine anno a Palazzo Chigi. “Non è esclusa l’applicazione del tampone, perché abbiamo un periodo del green pass in cui la protezione delle prime due dosi (del vaccino anti Covid, ndr) decresce rapidamente e la terza dose non è ancora stata fatta”.
In questo lasso di tempo, ha aggiunto il premier, “può essere utile fare un tampone per vedere se uno è positivo”. In vista del cenone della Vigilia o del pranzo di Natale, numerosi italiani saranno di fatto “costretti” ad affollare le già sovraccariche farmacie (come nel caso di Milano) alla caccia di un tampone prima di riunirsi con i parenti per i festeggiamenti.
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In molti, infatti, sono accomunati dalla stessa situazione. Hanno già fatto le prime due dosi del vaccino anti Covid, sono in possesso di un regolare green pass in corso di validità e sono in attesa – chi impazientemente, chi meno – di ricevere la terza somministrazione. Tutto sotto controllo, verrebbe da dire. E invece no, perché anche dopo due dosi non si può stare certi di essere immuni.
Lo dicono diversi studi, che rivelano come l’efficacia delle prime due somministrazioni del vaccino tenda a decrescere in fretta nel corso dei mesi. In genere, la protezione inizia a calare dopo i primi 5-6 mesi. Motivo per cui si è deciso di anticipare la terza dose (quando è possibile) a quattro mesi dalla seconda. Resta però il fatto che il green pass ha attualmente una validità più lunga rispetto alla copertura vaccinale che certifica.
Almeno fino al prossimo 1° febbraio, quando – secondo il decreto Festività – la durata della certificazione verde scenderà da nove a sei mesi. Una misura di emergenza che il Governo ha deciso di adottare nel pieno dell’avanzata della variante Omicron per far fronte a quel “Limbo” di vaccinati in attesa di terza dose. Nulla a che vedere, sia chiaro, con i cosiddetti No booster di cui parliamo qui.
A questo punto, in molti si staranno chiedendo: nel frattempo, cosa bisogna fare? L’esecutivo non ha dato istruzioni in merito, ma solo dei consigli. L’ideale è appunto quello di fare un tampone per verificare eventuali casi di positività asintomatica prima di riunirsi con i parenti per cenoni e feste. La tipologia di test, però, non dipende dalle “preferenze” dei singoli, bensì dalle disponibilità.
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In Lombardia, ad esempio, i più fortunati riescono a cavarsela con un kit fai-da-te, visto che le farmacie e gli hub per i tamponi sono presi d’assalto. Il consiglio è lo stesso di alcuni esperti, come Giovanni Di Perri, virologo dell’Amedeo di Savoia di Torino. “Il mio pranzo di Natale sarà con i miei suoceri. Quindi prima che arrivino mi farò il tampone e così mia moglie e i miei figli: se uno è positivo annullo tutto”.
“Questo non è scritto nelle regole ministeriali, ma fa parte del buonsenso. Non voglio avere sulla coscienza qualcuno che potrebbe soffrirne o morire. Sono dolori di coscienza – ha aggiunto il virologo –. Questo è un Natale particolare, certe cose sono andate meglio grazie ai vaccini, ma purtroppo non proteggono in maniera assoluta”.
“Sta arrivando l’Omicron che contagia facilmente – ha concluso Di Perri –. Servono quelle precauzioni come i tamponi per condividere gli spazi al chiuso. In questo momento ci sono Regioni che hanno già il 30% della Omicron ed è destinata in pochi giorni a prendersi tutto il Paese”.
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