Durante la sua visita al campo profughi di Lesbo, Papa Francesco ha parlato dell’impatto delle “chiusure” e dei “nazionalismi” che, come insegna la storia, “portano a conseguenze disastrose”. “È un’illusione pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro”. La storia “lo insegna, ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso”, ha dichiarato il Papa.
Papa Francesco: “Siamo nell’epoca dei muri”
Il Pontefice ha aggiunto che “è triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, dei fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri, dei fili spinati”. Il Papa ha ammesso che “si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericolosi. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalla crisi economica e dalla pandemia, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza”. Per ottenere questo risultato bisogna unire le forze “per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo”.
“Affrontare le cause remote, non chi ne paga le conseguenze”
“È facile trascinare l’opinione pubblica instillando la paura dell’altro. Perché, invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio?”, ha chiesto Papa Francesco. “Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per la propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate e grandezza di visione”.
“Il ‘mare nostrum’ non deve diventare il ‘mare mortuum’”
“Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei piccoli corpi di bambini stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culle di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il ‘mare nostrum’ si tramuti in un desolante ‘mare mortuum’, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi’ si trasformi nel ‘mare della dimenticanza’. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!”, ha concluso il Papa.