Cop26: stop a deforestazione e metano, ma gli sforzi non bastano

Siamo a un minuto dell’apocalisse. Dobbiamo agire ora, altrimenti dopo ci costerà molto di più”. Le parole di Boris Johnson nel suo discorso di apertura alla Cop26 sottolineano l’urgenza, universalmente riconosciuta, di dover fermare la crisi ambientale. L’appello del premier, è stato condiviso anche da Mario Draghi e dagli altri leader presenti a Glasgow.

L’obiettivo è dare forma e sostanza alle parole, senza limitarsi ai ripetuti bla bla bla, criticati da Greta Thunberg.
In questi primi due giorni di summit, alcuni impegni di rilievo sono stati presi, dallo stop alla deforestazione ai tagli al metano. Tuttavia, mentre le principali potenze si scambiano le colpe per l’incapacità di concordare un termine preciso sull’obiettivo zero emissioni, quanto concordato finora non è abbastanza.

Cop26, c’è l’accordo sulle riduzioni di metano

Quasi 90 Paesi hanno aderito a uno sforzo guidato dagli Stati Uniti e dall’UE per ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030.

Il metano ha una vita più breve nell’atmosfera dell’anidride carbonica, ma è 80 volte più potente nel riscaldare la terra. Di conseguenza, ridurre le emissioni del gas, che si stima abbia rappresentato il 30% del riscaldamento globale sin dai tempi preindustriali, è uno dei modi più efficaci per rallentare il cambiamento climatico.

Il Global Methane Pledge, annunciato per la prima volta a settembre, ora include metà dei primi 30 emettitori di metano, che rappresentano i due terzi dell’economia globale. Tra i nuovi firmatari c’è il Brasile, uno dei cinque maggiori emettitori al mondo di metano. Contrari alla firma invece Cina, Russia e India, mentre l’Australia ha detto che non sosterrà l’impegno.

Stop alla deforestazione entro il 2030

Più di 100 leader si sono impegnati a fermare e invertire la deforestazione e il degrado del suolo entro la fine del decennio. Una mossa sostenuta da 19 miliardi di dollari in fondi pubblici e privati ​​da investire nella protezione e nel ripristino delle foreste.

Mettiamo fine a questo grande massacro globale di motoseghe facendo fare alla conservazione ciò che sappiamo di poter fare e fornire anche posti di lavoro e crescita sostenibili a lungo termine“, ha affermato il primo ministro britannico Boris Johnson.

Il presidente USA Biden ha annunciato il ripristino fino a 200 milioni di ettari di foreste entro il 2030, stanziando fino a 9 miliarid di finanziamenti governativi per la tutela degli ecosistemi a rischio.

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Nel 2020, il mondo ha perso 258.000 km quadrati di foresta, un’area più grande del Regno Unito, secondo il Global Forest Watch del WRI.
Le foreste, oltre a custodire la maggiore biodiversità al mondo, sono fondamentali per ridurre il riscaldamento della terra. Purtroppo, l’azione combinata dell’uomo, ha portato oltre 10 foreste protette ad emettere più C02 di quella che riuscivano ad assorbire.

Aiuti ai Paesi in via di sviluppo

Come anticipato al G20 di Roma, la COP26 mira a mantenere vivo l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali. Questo al fine di evitare danni ancora maggiori dalle ondate di calore intensificate, siccità, tempeste, inondazioni e danni alle coste che il cambiamento climatico sta già causando.
In base all’accordo, 12 paesi si sono impegnati a fornire 12 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici tra il 2021 e il 2025 ai Paesi in via di sviluppo per ripristinare i terreni degradati e affrontare gli incendi.

Almeno 7,2 miliardi di dollari proverranno da investitori del settore privato. Questi si sono anche impegnati a smettere di investire in attività legate alla deforestazione come bestiame, olio di palma, agricoltura di soia e produzione di cellulosa.

Cinque paesi, tra cui Gran Bretagna e USA, e un gruppo di enti di beneficenza globali si sono inoltre impegnati a fornire 1,7 miliardi di dollari per sostenere la conservazione delle foreste delle popolazioni indigene. Jeff Bezos ha promesso una donazione da 2 miliardi di dollari per ridare vita a terreni “degradati” dal clima in ‘Africa.

Cop26, gli obiettivi di Brasile e India

Il Brasile, che ha già disboscato vaste aree della foresta pluviale amazzonica, ha assunto l’impegno di ridurre le proprie emissioni di gas serra del 50% entro il 2030. Un aumento rispetto al precedente impegno del 43%.

Il primo ministro Narendra Modi per la prima volta ha fissato una data obiettivo per l’India per ridurre le sue emissioni di carbonio. Tuttavia, ha stabilito il raggiungimento del net zero solo nel 2070, 20 anni oltre la raccomandazione globale delle Nazioni Unite.

Scontro USA-Cina al summit di Glasgow

Pochi segnali incoraggianti da parte dei due maggiori emettitori di carbonio del mondo, Cina e Stati Uniti. Due Paesi che insieme rappresentano oltre il 40% delle emissioni globali di gas serra.
Il presidente  USA Joe Biden ha criticato il governo di Pechino e la Russia per non aver rafforzato i loro obiettivi climatici a Glasgow. Il governo cinese ha respinto duramente le accuse, sottolineando il ruolo storicamente cruciale dei Paesi sviluppati nella produzione di C02.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, sulla “delusione” del presidente Joe Biden per la mancanza di ambizione di Pechino sul clima, ha replicato che “le emissioni cumulative pro capite storiche Usa sono 8 volte quelle della Cina“.

Nonostante il presidente Xi Jinping avesse annunciato lo stop alle centrali a carbone, la Cina ha aumentato la produzione quotidiana di carbone di oltre un milione di tonnellate negli sforzi per allentare la crisi energetica.

 

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