Nel 2020 si è registrato un nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia e un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra. Le nascite sono diminuite del 3,8% rispetto al 2019: sono stati iscritti all’anagrafe solo 404.104 bimbi. In aumento del 17,6% i decessi: 746.146 persone sono state cancellate dall’anagrafe per morte. Lo rileva l’Istat nel report “La dinamica demografica durante la pandemia Covid-19 – anno 2020”. Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è risultata inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno: come se fosse sparita una città grande quanto Firenze. Gli effetti negativi prodotti dall’epidemia Covid-19 hanno amplificato la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015.
Le ragioni del calo delle nascite
Per quanto riguarda le nascite, in tutti i mesi del 2020 si registrano valori percentuali inferiori a quelli dello stesso periodo del 2019, ad eccezione di febbraio con il 4,5% in più, in parte dovuto al giorno in più nel calendario 2020. Il calo delle nascite si accentua nei mesi di novembre e soprattutto di dicembre (-10,3%), il primo mese in cui si possono osservare eventuali effetti della prima ondata epidemica.
L’andamento delle nascite nel corso del 2021 consentirà comunque di avere un quadro più nitido delle conseguenze della crisi economica. Le ragioni della denatalità vanno ricercate anche nei fattori che hanno contribuito al trend negativo dell’ultimo decennio (progressiva riduzione della popolazione in età feconda e clima di incertezza per il futuro).
I numeri dei decessi: in Lombardia il bilancio più pesante
Se nei mesi di gennaio e febbraio 2020 i decessi nel complesso sono stati inferiori di circa 7.600 unità rispetto a quelli registrati in media nello stesso bimestre degli anni 2015-2019, dall’inizio della crisi sanitaria (marzo 2020) a fine anno si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo quinquennio.
La Lombardia sperimenta il bilancio più pesante in termini di decessi nel 2020: +111,8%. Per tutte le altre Regioni del Nord l’incremento dei morti del periodo marzo-maggio è compreso tra il 42% e il 53%. Solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per un surplus di decessi più contenuto (rispettivamente +19,4% e +9,0%). Al Centro spiccano le Marche che, con il +27,7% di eccesso di morti, si discostano in modo rilevante dall’incremento medio della ripartizione (+8,1%). Nel Mezzogiorno solo l’Abruzzo e la Puglia (+11,6% entrambe) fanno rilevare valori ben al di sopra di quello medio dell’intera area (+5,1%).