L’ultima notizia è arrivata nella giornata di giovedì: il primo sms della storia, un “Merry Christmas” inviato da Vodafone a un dipendente della compagnia, Richard Jarvis, il 3 dicembre 1992, andrà all’asta come NFT martedì prossimo a Parigi.
Come ‘Non fungible token’, che rappresenta un certificato di autenticità digitale, potrà essere pagato solo in criptovaluta Ethereum, una delle più note assieme ai Bitcoin. Maximilien Aguttes, responsabile dell’omonima casa d’aste, ha dichiarato alla stampa internazionale di aspettarsi di ricavare almeno 200mila euro. Una cifra che sarà poi devoluta in beneficenza alla Unhcr, l’agenzia per i rifugiati in seno all’Onu.
Il mercato degli NFT ha vissuto, negli ultimi mesi, una vera e propria esplosione. E le cifre utilizzate per ottenere i token sono sempre più alte. Ma quanto è sostenibile questa nuova frontiera del mercato dell’arte? Si tratta solo di una moda passeggera o rappresenta davvero il futuro?
Attorno a questa moderna “corsa all’oro” c’è un giro economico pari a circa 20 miliardi di euro in criptovaluta. I certificati delle opere sono unici e la proprietà è fissata in un registro digitale decentralizzato, noto come blockchain. Secondo DappRadar, uno dei punti di riferimento del mondo blockchain, l’NFT dal valore di vendita più alto è stato The First 5000 Days, un collage digitale creato da Beeple (alias Mike Winkelman, artista americano).
L’opera è stata venduta da Christie’s per una cifra pari a 69,3 milioni di dollari (61,1 milioni di euro). E non è neanche l’unica opera di Beeple in classifica: Human One, infatti, è stata venduta all’asta per 29 milioni di dollari (25,6 milioni di euro).
C’è poi il caso della dei Bored Ape della serie “Yacht Club”. Si tratta di una collezione di 10mila NFT, che rappresentano scimmie in formato ‘cartoon’, utilizzate soprattutto come foto profilo sui social. Fra gli acquirenti, il presentatore tv americano Jimmy Fallon e il rapper Post Malone.
Raccolti, in totale, 26,2 milioni di dollari (23,1 milioni di euro), con qualcuno che, però, ha recuperato molto meno di quanto l’opera valesse. Si tratta dell’utente Maxnaut, assurto agli onori della cronaca per aver commesso un errore in fase di digitazione del prezzo, recuperando una cifra pari a 3mila dollari, molto lontana dai 300mila delle intenzioni iniziali. Qui potete leggere un approfondimento sull’episodio.
Un fattore chiave dell’exploit in questo 2021 degli NFT è sicuramente l’entrata in una sorta di discorso “mainstream”. Marchi di grande rilevanza internazionale, come Coca-Cola, Gucci e Nike, o grandi produzioni cinematografiche, come quella che riportarà la saga di Matrix sugli schermi, hanno infatti raccolto centinaia di migliata di dollari grazie alla vendita all’asta di NFT. Per DappRadar i grandi brand stanno cercando, in questo modo, di introdurre un nuovo livello di esclusività. Per attirare soprattutto l’interesse di clienti molto facoltosi.
Non mancherebbero, poi, gli NFT a portata di portafogli (rigorosamente digitale). Ma gli esperti mettono in guardia utenti e potenziali tali sui rischi di un mercato che, di fatto, non ha una regolamentazione precisa. Anche perché le criptovalute fluttuano molto di più rispetto a quelli delle monete “canoniche”, e vedono aumentare o crollare drasticamente il loro valore anche nel giro di pochi giorni.
George Monaghan, ricercatore di GlobalData, ha lanciato una sorta di allarme sulla sostenibilità del mercato dei token non fungibili in un’intervista al Guardian: “L’attività legata agli NFT in questo 2021 è stata febbrile – ha detto -. Diventerà più costante e meno esagerata con il passare degli anni, viaggiando su binari paralleli a quelli del tradizionale mercato dell’arte. Ma ci vorranno davvero anni perché un qualsiasi mercato fondato su criptovaluta, e non parliamo solo di NFT, arrivi anche solo a somigliare a un mercato convenzionale che definiremmo stabile”.
“Diciamo solo – ha poi aggiunto, rispondendo alla domanda sulla sostenibilità del mercato degli NFT – che non investirei i miei ultimi risparmi per possedere un token ‘alla moda’. Almeno non ora”.
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