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Serie A, l’andata è andata: il borsino al giro di boa

. A Milano, sulle due sponde del Naviglio, si ride come non accadeva da anni. La Juve però è tutt’altro che boccheggiante, l’Atalanta sprizza brio da tutti i pori e le romane, pur con vari scricchiolii, ci sono

Valerio Mingarelli newsby Valerio Mingarelli
26 Gennaio 2021
in Calcio, SPORT
Serie A, borsino

Foto Getty Images | Jonathan Moscrop

L’andata è andata, e lo si può dire: da anni la serie A, da capo a piedi, non regalava così tanto “thrilling”. Certo, in tempi di Covid il calcio prosegue sulla falsariga malinconica di quest’estate: con gli spalti pieni il gioco è tutt’altra faccenda. Il mercato preannuncia più sbadigli che fuochi d’artificio, quindi si continuerà a veleggiare sul filo. A Milano, sulle due sponde del Naviglio, si ride come non accadeva da anni. La Juve però è tutt’altro che boccheggiante, l’Atalanta sprizza brio da tutti i pori e le romane, pur con vari scricchiolii, ci sono. E non si possono suonare a morto neanche le campane ai piedi del Vesuvio, nonostante le chiacchiere su Gattuso.

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Serie A, il Milan è campione d’inverno

Ma andiamo con ordine. A settembre scorso era più facile pronosticare un’Italia fuori dalla pandemia che un Milan campione d’inverno. Invece il nostro paese è ancora mani e piedi dentro l’inferno dei tamponi e dei vaccini, mentre i rossoneri di Pioli (voto 9) guardano tutti dall’alto. Parliamo di un gruppo che, dopo lo stop della scorsa primavera, sembra letteralmente rinfrancato, manco avesse dei superpoteri. Col traino dell’immarcescibile Ibra, i vari Chala, Theo, Kessié e compagnia festante vanno che è un amore. Non inganni la legnata di domenica scorsa a domicilio: è l’Atalanta ad essere un rullo compressore. Il Milan però è tutt’altro che deragliato. Non ha l’obbligo di cucirsi lo scudetto al petto: deve solo agguantare un pass per la prossima Champions. Per questo può dare spettacolo e filo da torcere a tutti fino alla fine.

L’Inter ha tutto per vincere

Ed eccoci di là, sempre sotto la Madonnina. L’Inter (voto 8) ha dimostrato di aver tutto per vincere. Il voto infatti è condizionato all’insù per la prova di forza con la Juve: ad Appiano l’entourage nerazzurro sa che o si vince quest’anno, o tanti saluti con Conte. Perché comunque l’uscita dall’Europa è una ferita che zampilla ancora sangue. Hakimi e Barella sono certezze, e Lukaku e Lautaro in palla davanti fanno paura. C’è da iniziare a perdere meno punti in quei match interlocutori come a Udine, dove la Conte-band ha concesso troppi minuti al piccolo trotto. Al terzo posto ecco la Roma (voto 7,5): per gioco, risultati e spasso meriterebbe un punto in più. Però tra i casini sui cambi e il patatrac della maxi-diatriba tra Fonseca e Dzeko, l’impressione è che anche quest’anno a Trigoria si stia materializzando un altro pseudo-dramma. La speranza è che non sia così, perché la Roma è stata per molte partite un gran bel vedere.

Juventus convincente ma non troppo…

E veniamo alla Juve (voto 6,5). Con Pirlo si passa dalla contumelia spinta, come dopo il pastrocchio contro l’Inter, alla beatificazione con tanto di apposizione dell’aureola. I bianconeri sono un cantiere aperto: dopo nove anni di tirannia, quest’anno non danno mai quella netta impressione di dominio. Anche quando vincono con agio: a centrocampo qualcosina manca. Però anche così hanno un gruppo di giocatori top, tra cui quello che è più top di tutti (CR7). Influirà tanto anche il cammino in Champions League, ma guai a dar loro la prematura estrema unzione. Ed eccoci all’Atalanta (voto 7,5). Quando mettono le marce alte, gli uomini di Gasperini sono un incanto. Belli, eleganti e spumeggianti. Superato lo shock del traumatico caso-Gomez, i nerazzurri hanno ripreso a far faville. Con un Ilicic in versione Modigliani, poi, possono farne tre su ogni campo e a qualsivoglia avversario. Se troveranno maggiore continuità, altro che Champions: c’è spazio per volare pure più su.

Serie A, le dirette inseguitrici non mollano

Capitolo Napoli (voto 6,5). Mentre Gattuso è ingiustamente sul barbecue, va ricordato che questo gruppo era stato costruito per avere come perno dell’ingranaggio il signor Osimhen. Il quale, di riffa o di raffa, non ha praticamente giocato mai tolte le primissime partite. In più è venuto meno anche Mertens, il primo marcatore della storia calcistica partenopea. Chi vorrebbe dare il tfr a Ringhio, di cosa parla precisamente? Ok, l’andamento schizoide degli azzurri (dal 6-0 con la Fiorentina alla gara di domenica ci passa il mare in mezzo) esalta i difetti del meccanismo. Però dai, siamo seri: lo spazio per giocarsela c’è. Avanti con la Lazio (voto 7, effetto della perla nel derby). Luis Alberto e Savic a centrocampo sono un lusso, così come Immobile davanti. Certo è che ogni tanto la squadra di Inzaghi continua a perdersi in un bicchier d’acqua. Replicare l’approdo in Champions, essendo ancora con merito in Champions (scusate la cacofonia), quest’anno sarà difficile: mai dire mai però.

A un passo dal paradiso

E dall’iperuranio passiamo al resto della ciurma. Bene, anzi benissimo il Verona (voto 8): gruppo tosto e quadrato, con Zaccagni gemma che sarà presto destinata ad altri lidi. Si rialzano sempre anche dai passi falsi i virgulti “guys” di Juric. A chiamarli “sorpresa” si fa loro torto ormai. Sembra lievemente appannata la vista del Sassuolo (voto 7,5) dopo un autunno passato nella stratosfera. De Zerbi è fior d’allenatore, e ha dato una impronta nitida a una squadra che osa. A volte troppo, ma osa. Sempre. E gioca in modo raffinato. Vediamo quanto potrà ancora alzare l’asticella. Sampdoria (voto 6,5): Ranieri è gallina vecchia che fa ancora un delizioso brodo: i blucerchiati, a parte qualche passaggio a vuoto, sono dove ci si aspettava che fossero in graduatoria a metà stagione.

Tra salvezza e sogni europei

Discorso diverso per il Benevento (voto 7): la regina delle neopromosse ha tutto per prendersi una salvezza placida. Pippo Inzaghi può contare su tanti ottimi giocatori (Caprari, Lapadula, Improta e tanti altri) e consolidare un lavoro iniziato nel fantasmagorico torneo cadetto dell’anno passato. In crescita la Fiorentina (voto 6) dopo un avvio di stagione da tregenda: il successone con la Juve è la chicca, il punteggio tennistico a sfavore col Napoli l’onta recente. Fa una fatica bestia a segnare a volte, ma se trova la quadra, nel girone di ritorno la Viola può dire la sua. Aurea mediocritas quella del Bologna (voto 5,5): i rossoblu sono né carne né pesce. Sprecone lo Spezia (voto 6,5): senza qualche pollata di troppo, la squadra ligure a quest’ora avrebbe i galloni di sorpresa. Funziona la cura Ballardini al Genoa (voto 6), risorto e asceso momentaneamente dalle secche del fondo classifica. Per salvarsi ci sarà da sudare, ma ora Destro e soci funzionano.

Il Torino (voto 4,5) ha messo fine al tribolato quadrimestre con mister Giampaolo. Un tecnico che senza una rosa tarata sulle sue idee di gioco fa sempre fatica (citofonare a Milanello). Ora c’è da addentare una salvezza tutt’altro che scontata: un Belotti gasato pre-Europeo può fare la differenza. Il Cagliari (voto 5) è entrato in un tunnel pericoloso: a Joao Pedro va affiancato un attaccante vero, altrimenti la massima serie il prossimo anno si rischia di vederla tra Dazn o Sky. Il Parma (voto 4) ha segnato la miseria di 14 reti in 19 partite: la colpa sarà sempre degli allenatori, ma certo che con tanta stitichezza offensiva salvarsi è francamente improbo. Al Crotone (voto 5) servirebbero un paio di innesti per il miracolo: la permanenza in serie A però non è un film fantasy però, sia chiaro.

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Nato a Fabriano, ai piedi degli Appennini, nel 1980. Ho iniziato a “gattonare” nelle testate locali umbre e marchigiane grazie al basket e al calcio. Giornalista professionista dal 2008, da allora tra Milano e Roma ho sempre fatto il viandante dell’informazione girovagando per radio, TV, quotidiani, agenzie e uffici stampa. Con la penna o col microfono in mano, mi sono sempre divertito da matti. Oggi seguo perlopiù le vicende del Parlamento nostrano, ma lo sport rimane sempre una passionaccia elettrizzante.

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