Per la seconda volta nel giro di due mesi, la Salernitana ha conquistato la Serie A. La prima volta lo ha fatto sul campo lo scorso 10 maggio, con il 3-0 in casa del Pescara al termine di un percorso durato 38 giornate. La terza partecipazione al massimo campionato italiano di calcio, però, è diventata ufficiale soltanto nella giornata di mercoledì, con l’ok dal Consiglio federale della Figc per il trust proposto dalla società granata. Un risultato, però, ottenuto quasi con la stessa fatica necessaria per raccogliere i 69 punti utili per chiudere al secondo posto.
Salernitana, una promozione “liberatoria”
Dal 27 maggio, giorno della fine della Serie B 2020/2021 (terminata con i playoff e la promozione del Venezia), è partito un pericolosissimo conto alla rovescia: Claudio Lotito ha avuto 30 giorni per cedere la Salernitana, data l’impossibilità di avere due squadre in Serie A. E i tifosi granata, scesi in migliaia nelle piazze della provincia campana per celebrare un traguardo che mancava da 23 anni, si sono detti in coro “Si tratta solo di una formalità, ma ormai è fatta“, non immaginando forse un’Odissea burocratica di questo tipo. Una frase con una doppia connotazione: vedere per la prima volta la squadra della propria città in Serie A dal 1998 e “liberarsi” definitivamente della proprietà.
Sì, perché a Salerno la conquista del massimo campionato italiano è stata vista anche come una liberazione. Tante le critiche a Lotito in questi dieci anni, tra uno striscione con scritto “No alla multiproprietà” ed un altro con un ben più eloquente “Libera la Salernitana“.
L’asse Roma-Salerno
Il rapporto tra dirigenza (con dentro, oltre che Lotito e Mezzaroma, anche il direttore sportivo Angelo Fabiani) e tifoseria non è mai stato ottimale, soprattutto perché gli ultras, ma non solo, hanno sempre accusato le alte sfere della proprietà di considerare la squadra campana come una succursale della Lazio. Numerosissimi gli scambi di prestiti, così come i trasferimenti dai biancocelesti ai granata e viceversa: spiccano i nomi di Sofian Kiyine, Joseph Minala e Andre Anderson, e non sono mancate “promozioni” eccellenti come quelle di Jean Daniel Akpa Akpro (in gol nella scorsa edizione della Champions League contro il Borussia Dortmund) e quella più datata (2017) di Luiz Felipe.
Una strategia mai apprezzata dai sostenitori della Salernitana, che inoltre hanno sempre visto la multiproprietà come un insuperabile macigno nella strada che portava a ciò che sembrava impossibile: la terza promozione in Serie A. Da qui, una frattura spesso culminata con poco pubblico sugli spalti dell’Arechi (un impianto, a onor del vero, che spesso ha avuto problemi legati a diversi settori e che quindi non ha mai raggiunto la capienza piena), protesta dopo la quale non è mai mancata la risposta con polemica da parte di Lotito.
Dalla salvezza al “miracolo” sportivo
I più maliziosi, in realtà, hanno spesso visto nei numerosi momenti di flessione dei granata in questi anni un diktat dirigenziale, come a dire: “Meglio non andare troppo avanti, altrimenti il progetto multiproprietà sarebbe in serio pericolo“. E così, via di congetture su pareggi “ignavi” e sconfitte con zero recriminazioni, considerando che non sono mancate le occasioni in cui la Salernitana ha rischiato la retrocessione: nel 2015/2016, la salvezza arriva solo dopo il 5-1 maturato nel doppio playout con il Lanciano, mentre nel 2018/2019 servono addirittura i rigori per mantenere la categoria, ironicamente, proprio ai danni del Venezia, evitando il passaggio in Serie C proprio nell’anno del centenario.
Nel 2019/2020, la Salernitana si è giocata in casa, contro lo Spezia già qualificato, la possibilità di guadagnarsi il primo playoff dell’era Lotito: un pesante ko per 1-2 che ha fatto storcere il naso a tanti tifosi. Particolare non da poco: l’allenatore era Gian Piero Ventura, inviso alla maggior parte del pubblico calcistico italiano per quanto accaduto con la Nazionale nel 2018.
Un percorso lungo 10 anni
Adesso, però, è tempo di fare qualcosa che, per il tifoso della Salernitana, risulta davvero complicato: fare i complimenti alla proprietà. Al netto di tante critiche e di tante accuse, nel 2011 Lotito e Mezzaroma hanno raccolto la squadra dalla Serie D, recuperando in un anno nome e simbolo: dopo il fallimento, nel 2011/2012 la squadra partecipa infatti al campionato dilettantistico con la dicitura “Salerno Calcio”, con colori diversi dallo storico granata della società. Pur sfiorando due volte la C ai playout, la coppia al timone è riuscita a rendere la Salernitana una delle inamovibili del campionato cadetto.
Infine, il capolavoro: la chiamata a Fabrizio Castori, principale artefice di quanto fatto sul rettangolo di gioco dai granata, finalmente pronti a tornare negli stadi della Serie A come accaduto solo due volte in precedenza, precisamente nelle stagioni 1947/1948 e 1998/1999. Con un ultimo, piccolo asterisco: l’ultimatum imposto dal presidente della Figc Gabriele Gravina. Entro sei mesi il trust dovrà portare al cambio di proprietà, o la Salernitana sarà esclusa dalla Serie A. La speranza è di non dover affrontare un terzo campionato per mantenere, almeno in tribunale, la massima serie.
Piergiuseppe Pinto