Di quella squadra sono entrati nell’immaginario collettivo lo storico tridente (Rambaudi, Baiano, Signori) e soprattutto il visionario allenatore: Zdenek Zeman. Ma dietro c’era lui: Pasquale Casillo, storico presidente del Foggia che incantò sui campi della Serie A dei primi anni ’90, non c’è più.
Si è spento a 71 anni all’ospedale di Lucera, stroncato da una brutta malattia. Ma “don” Pasquale Casillo (come era amorevolmente soprannominato in terra dauna) non era certamente stato solo ed esclusivamente un uomo di calcio. Ma un imprenditore a tutto tondo, tanto da diventare nell’immaginario collettivo “il re del grano”. Materia prima di cui fu uno dei più importanti produttori del Meridione.
Sulle orme dei Satanelli di Oronzo Pugliese
Nato a San Giuseppe Vesuviano, Pasquale Casillo trovò la fortuna professionale e la fama personale a Foggia. Un percorso iniziato nel 1986, quando rilevò una squadra da tre anni costretta alla Serie C. Una nobile decaduta, come si dice in questi casi, e che dall’ultima retrocessione dalla massima serie (quella del 1978) si era ritrovata in un doppio capitombolo al terzo livello del calcio nazionale. Un’impresa al contrario rispetto a quella centrata nel 1964 dai Satanelli guidati dall’allenatore Oronzo Pugliese: in quattro anni dalla C alla prima storica stagione in A.
I tempi erano cambiati, e sembrava difficile riproporre una tale scalata. Pasquale Casillo però accettò la sfida, e la vinse a modo suo. Grazie all’abile lavoro di scouting del direttore sportivo Giuseppe Pavone ritrovò la cadetteria nel 1989. Quindi riportò sulla panchina rossonera Zdenek Zeman, e anche in questo caso nel giro di due anni fu nuovamente Serie A.
Zemanlandia e una Serie A a bocca aperta
E nel massimo campionato italiano, all’epoca il più bello e difficile del mondo (nel 1990 ognuna delle coppe europee andò a una squadra nostrana), il Foggia di Pasquale Casillo appariva come una simpatica meteora. Solo ai nastri di partenza, però. Con il gioco spumeggiante di Zeman e alcuni interpreti passati alla storia (oltre al noto tridente vanno ricordati il portiere Franco Mancini, i difensori Padalino e Matrecano, capitan Barone, i russi Kolyvanov e Shalimov).
Quella squadra sognò a lungo la Coppa Uefa nonostante una concorrenza di altissimo livello. E chiuse la stagione con il secondo migliore attacco della Serie A, alle spalle solo dell’inarrivabile Milan di Capello. I gol segnati furono 58, come quelli subiti però. Equivalenti alla seconda peggiore difesa d’Italia. Ma Pasquale Casillo non smontò il giocattolo. Se infatti già l’anno successivo (affrontato senza Rambaudi, Baiano, Signori, Shalimov, Padalino e Matrecano) si accompagnò a un’abbastanza comoda salvezza, il vero miracolo fu compiuto nel 1993-’94.
L’ultimo miracolo del Foggia di Pasquale Casillo
Quello fu infatti l’anno di una ulteriore rivoluzione. Zeman, al suo ultimo anno a Foggia, ripartì con un nuovo tridente imperniato sull’olandese Bryan Roy e la certezza Kolyvanov, con l’emergente Bresciani a completare il reparto. A centrocampo esplosero Di Biagio e Stroppa (a lungo in odore di convocazione a Usa ’94), insieme a capitan Seno e un centrale difensivo come Chamot. Pasquale Casillo vide quel Foggia perdere l’Europa solo all’ultima giornata di campionato, a vantaggio del Napoli.
Fu l’ultimo atto di una cavalcata passata alla storia, non solo del calcio ma anche del costume italiano. Per un Foggia rimasto nel cuore del Paese anche per l’indiretta pubblicità ottenuta grazie a ‘Mai dire Gol’: dalla passione del Frengo di Antonio Albanese alle “Interviste possibili” proprio di Pasquale Casillo. Che un anno dopo tornò in B, con Enrico Catuzzi in panchina, e andò incontro anche a grosse grane giudiziarie. Il giocattolo si era rotto, e i successivi tentativi a Bologna e Avellino non lo ricostruirono. Il “don”, però, la storia l’aveva già scritta.