Il Cio si esprime contro i test per il genere sessuale: “Quelli dell’Iba sono illeciti”

Le Olimpiadi di Parigi 2024 non sono solo il palcoscenico delle grandi imprese sportive, ma anche, e soprattutto quest’anno, il terreno fertile per dibattiti accesi e polemiche asprissime. Dalla contestata cerimonia di apertura, passando per le condizioni del Villaggio Olimpico, fno ad arrivare a una delle più accese controversie di questa edizione: le due pugili intersessuali Imane Khelif e Lin Yu Ting. Le atlete, che avevano fallito i test di genere ai campionati mondiali del 2023, sono riuscite a conquistare medaglie olimpiche arrivando fino alle semifinali, riaccendendo il dibattito sull’equità e la privacy degli atleti.

La dura presa di posizione del CIO

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha espresso una ferma opposizione ai test di genere condotti dalla Federazione Internazionale di Boxe (Iba), la stessa che aveva promesso un premio in denaro (poi rifiutato), ad Angela Carini, la pugile azzurra che si era ritirata dalla sfida con Khelif solo dopo 46 secondi dall’inizio del match. “Non riconosciamo i test Iba sul genere perchè il loro procedimento non è lecito. Nessuno vuole tornare ai giorni in cui si facevano i test sui genitali”, ha dichiarato il portavoce del CIO, Mark Adams. “E’ una questione di diritti umani. Sono test non leciti, condotti in modo arbitrario. Una cosa è il dibattito sui social, un’altra la privacy e i diritti umani: quelli non si condensano in 140 caratteri”, ha aggiunto Adams nel suo intervento al punto stampa quotidiano.

Il presidente del CIO, Thomas Bach, ha sostenuto fermamente le due atlete nei giorni passati. “Non c’è mai stato alcun dubbio che le due pugili siano donne, dato che sono state cresciute come donne, sono donne nei loro passaporti e hanno gareggiato a lungo come donne”, ha affermato Bach. Questa dichiarazione ha contribuito a consolidare la posizione del CIO contro i test di genere arbitrari dell’Iba. “So che il Comitato Olimpico mi ha fatto giustizia, e sono felice di questa soluzione perché mostra la verità”, ha dichiarato Khelif in risposta al supporto ricevuto.

Le implicazioni dei test di genere

Imane Khelif e Lin Yu Ting sono state al centro di una battaglia legale e mediatica dopo essere state squalificate ai campionati mondiali femminili del 2023 per non aver soddisfatto i requisiti di idoneità di genere stabiliti dall’Iba. Tuttavia, questi test sono stati fortemente criticati dal CIO per l’arbitrarietà e per i parametri cambiati in corsa. Nessuna prova definitiva è stata fornita che le due pugili abbiano i cromosomi XY, tipici degli uomini. Entrambe sono state identificate come intersex, una condizione che implica un’eccessiva produzione di ormoni maschili (androgeni) nelle donne, in particolare testosterone.

La reazione del presidente algerino

Imane Khelif ha portato onore al suo paese, conquistando una medaglia ai Giochi Olimpici. Il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha celebrato la sua vittoria con un post su X: “Congratulazioni Imane Khelif, hai onorato l’Algeria, le donne algerine e la boxe algerina. Saremo al tuo fianco qualunque siano i tuoi risultati. In bocca al lupo per i prossimi due round. Avanti Imane Khelif. Viva l’Algeria”.

La polemica dell’avversaria di Lin Yu Ting

Lin Yu Ting, anch’essa esclusa dai campionati mondiali dell’anno scorso per i test di genere, ha trionfato contro la bulgara Svetlana Kamenova Staneva nei quarti di finale dei 57 chili, assicurandosi una medaglia olimpica. Alla fine del combattimento, Staneva ha espresso la sua protesta facendo il segno della X al pubblico, un chiaro riferimento al cromosoma che determina il sesso femminile. Questo gesto simbolico ha alimentato ulteriormente il dibattito.

Lin Yu Ting
Lin Yu Ting | Ansa – newsby.it

Tutto liscio invece, anche se le premesse erano completamente diverse, nella sfida tra Imane Khelif e Luca Hamori, la pugile ungherese che ha sfidato l’algerina dopo Carini. Al termine del match che Khelif ha vinto ai punti, le due si sono abbracciate, e l’ungherese non ha recriminato nè fatto gesti plateali nonostante il ko. Per certi versi una sorpresa, dopo che la magiara aveva aizzato la polemica prima della sfida postando un video su TikTok in cui dichiarava: «Devo combattere contro un uomo. È stato dimostrato che Imane Khelif è un uomo», allegando poi la foto di un mostro. A dare manforte alla combattiva fidanzata, anche il compagno di Hamori che aveva affermato: «Sul ring contro Khelif dovrei salirci io»,con il Comitato Olimpico algerino ha annunciato che denuncerà la pugile ungherese.

Le dichiarazioni di Imane Khelif

Nelle ultime ore è stata proprio Imane Khelif, intervistata ai microfoni di SNTV, a rompere il silenzio, raccontando la sua versione dei fatti in merito a questa spinosa vicenda. La pugile ha condiviso le sue emozioni contrastanti e l’appello al rispetto dei principi olimpici. “Invio un messaggio a tutte le persone del mondo di sostenere i principi olimpici e la Carta Olimpica, di astenersi dal bullismo contro tutti gli atleti, perché questo ha effetti enormi. Può distruggere le persone, può uccidere i pensieri, lo spirito e la mente delle persone. Può dividere le persone”, ha dichiarato Khelif.

L’atleta ha inoltre riflettuto sul clamore mediatico che la sua vicenda ha comportato: “Non riuscivo a controllare i miei nervi. Perché dopo il clamore mediatico e dopo la vittoria, c’era un misto di gioia e allo stesso tempo, ero molto colpita, perché onestamente, non è stata una cosa facile da affrontare affatto. È qualcosa che fa male alla dignità umana”. “Non mi interessa l’opinione di nessuno”, ha continuato l’algerina. “Sono venuta qui per una medaglia e per competere per una medaglia. Certamente, gareggerò per migliorare e diventare migliore, e se Dio vuole, migliorerò, come ogni altro atleta”. Preoccupata dall’odio online? “Onestamente, non seguo i social media. C’è un team di salute mentale che non ci lascia seguire i social media”.

La vicenda ha avuto eco anche tra la comunità araba, che ha espresso il suo sostegno a Khelif. “Questa questione coinvolge la dignità e l’onore di ogni donna e femmina. La popolazione araba mi conosce da anni e mi ha visto boxare nell’IBA che mi ha trattato ingiustamente, ma ho Dio dalla mia parte. Sono in contatto con la mia famiglia due giorni alla settimana. Spero che non siano stati profondamente colpiti. Sono preoccupati per me. Se Dio vuole, questa crisi culminerà in una medaglia d’oro, e quella sarebbe la migliore risposta”, ha dichiarato ancora l’atleta algerina.

 

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