Sono passati tre anni esatti. Un lasso di tempo che può sembrare brevissimo da un lato, ma eterno da un altro. Ma nel caso della festa popolare che si scatenò in Piazza Duomo a Milano si può tranquillamente utilizzare un’espressione piuttosto in voga sui social: “video invecchiati malissimo“. E infatti in quel 3 agosto 2018 la metà cittadina che parteggia per il Milan esplose di gioia per gli acquisti di due pezzi da novanta del calciomercato: Mattia Caldara e soprattutto Gonzalo Higuain.
Fatto un passo indietro di tre anni, occorre farne un altro. Che Milan era quello del 2018? Era una squadra ancora in cerca di autore, in campo come tra i dirigenti, dopo anni grami e una rivoluzione che tanto aveva promesso e pochissimo mantenuto. Dopo l’onorevole terzo posto in Serie A nel 2013, i rossoneri erano reduci da un ottavo, un decimo, un settimo e un sesto posto. Risultati mortificanti, che avevano portato il club a cambiare tutto. E proprio Higuain rappresentava il culmine del percorso verso la ritrovata grandeur rossonera.
Doveva essere così, dopo le difficoltà della vicepresidenza di Barbara Berlusconi e il bluff della cessione a Yonghong Li. Dopo gli equivoci delle guide tecniche Seedorf, Inzaghi, Brocchi. E, soprattutto, dopo i tre anni fuori dall’Europa e i quattro senza titoli. Ma la roboante campagna di acquisti del Milan nel 2017 (da Calhanoglu a Kessié, da Biglia a Kalinic, passando dalle meteore Conti, Musacchio e Rodriguez per arrivare al colpo da novanta Leonardo Bonucci) produsse solo un ulteriore sesto posto. Mister Montella pagò con la panchina a stagione ancora in corso (arrivò Gattuso), il club tentò un ulteriore rilancio. Serviva un centravanti di livello planetario. Serviva Gonzalo Higuain.
E la rincorsa si completò appunto il 3 agosto 2018, in un giorno di festa per la Milano rossonera. D’altra parte in rossonero arrivavano due dei migliori giocatori della Serie A dell’epoca. Mattia Caldara era considerato dal Milan e da chiunque altro un prospetto sicuro per la Nazionale, un difensore di 23 anni ma già completo, puntuale e con il vizio del gol (con tanto di doppietta sul campo del Napoli in uno storico 2-0 per l’Atalanta). Ma soprattutto c’era lui, Higuain. L’uomo dei 36 gol in 35 partite con il Napoli, una macchina implacabile reduce da due scudetti con la Juventus e che da sette anni mai aveva segnato meno di 16 reti in ogni campionato.
“Siam venuti fin qui per vedere segnare Higuain“, cantavano festanti i tifosi tra salti e abbracci. Finalmente un bomber vero al Milan, dopo anni di magra. La realtà, come noto, fu completamente diversa. Il ‘Pipita’, complice una condizione fisica rivedibile, steccò senza attenuanti. Il disastro finale proprio contro la Juventus, con rigore parato ed espulsione per intemperanze. E l’amaro saluto, a gennaio, direzione Chelsea. Caldara, dal canto suo, la Serie A in maglia rossonera non l’avrebbe mai vista. Bloccato da una serie infinita di infortuni, avrebbe giocato due sole partite in coppa: a settembre 2018 e aprile 2019.
Due colossali buchi nell’acqua, con una serie di beffe a concatenarsi in un crudele effetto domino. Proprio la doppia operazione Higuain-Caldara aveva indotto il Milan a restituire alla Juventus Leonardo Bonucci, l’uomo chiamato a “spostare gli equilibri” e che invece aveva sostanzialmente fatto flop. Acquistato per 42 milioni di euro, fu restituito al mittente per 35. Tornando quel totem difensivo che tutti conosciamo, decisivo anche per il trionfo dell’Italia a Euro 2020.
Nel frattempo il club cambiava nuovamente gestione e organigramma, con l’arrivo di Gazidis, l’addio del duo Fassone-Mirabelli, l’ingaggio di Boban (nel frattempo già ripartito), Maldini e Massara. Una nuova rivoluzione, che forse mai sarebbe avvenuta se la parabola di Caldara e Higuain fosse andata diversamente. E, beffa finale, quei cori del 3 agosto 2018 dei tifosi ebbri di gioia. “Chi non salta nerazzurro è“. Davanti a due giocatori che, attualmente, sono entrambi vestiti di nerazzurro (sebbene di Atalanta e Inter Miami). E chi lo avrebbe mai detto, in quella festa vecchia solo tre anni, ma già lontanissima.
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