I protocolli anti-Covid nel mondo dello sport funzionano davvero? A giudicare dai casi che stanno colpendo, in maniera sempre più frequente, il mondo dello sport, i dubbi iniziano a serpeggiare inesorabilmente. Da Zlatan Ibrahimovic a Cristiano Ronaldo, passando per i numerosi casi in Serie A e B, quelli al Giro d’Italia, nei campionati di basket e pallavolo, fino alla notizia del pomeriggio di mercoledì, con la positività del tennista Fabio Fognini, sollevano un’importante questione. Lo sport, soprattutto quello professionistico che resta una delle principali attività produttive del Paese, sarà in grado di resistere?
Difficile immaginare una seconda chiusura totale
Come confermato dal Dpcm approvato nella notte tra lunedì e martedì dal governo, il mondo dello sport può continuare la propria attività. L’eccezione riguarda quello puramente amatoriale (come esempio il premier Conte ha parlato di “partite di calcetto o basket tra amici”), costretto allo stop. Avanti con le attività sportive quindi, con limitazioni imposte dai protocolli anti-Covid. D’altra parte, lo stesso presidente del Coni Giovanni Malagò ha più volte ribadito che solo il calcio rappresenta il 2% del Pil nazionale. Fermando di nuovo i campionati, come in primavera, si porterebbe al collasso il sistema tra i ‘big’, con un inevitabile effetto domino per le realtà economicamente ‘minori’. Continuare non è un ‘capriccio’, ma una necessità.
Il protocollo, però, ha mostrato sin dai livelli più alti forti lacune. Si è iniziato con il focolaio al Genoa, si è proseguito con i positivi al Napoli (e la clamorosa partita-fantasma contro la Juventus), quelli al Milan (tra i quali il leader dello spogliatoio Zlatan Ibrahimovic), all’Inter (sei giocatori), nell’Under 21 e nella Juventus stessa, con i casi di Cristiano Ronaldo e dell’americano McKennie. Anche in Serie B sono stati rilevati diversi casi. Gli ultimi al Monza, ben sette, che hanno costretto la dirigenza del club brianzolo a chiedere (ed ottenere) il rinvio della partita con il Vicenza.
Difficoltà anche negli altri sport
Gli altri sport non se la passano meglio. Al Giro d’Italia due dei favoriti, Simon Yates e Steven Kruijswijk, hanno dovuto abbandonare la Corsa Rosa per positività al Covid-19, così come uno degli altri volti più importanti all’interno del gruppo, Michael Matthews. Nonostante ciò il patron del Giro, Mauro Vegni, è stato lapidario: “La corsa deve andare avanti”, il Giro insomma non può permettersi di non arrivare a Milano.
Nel basket, Cantù ha dovuto fare a meno nel derby contro Varese di un elemento importante come Jaime Smith (riuscendo comunque a vincere), nella pallavolo la Lega femminile ha rinviato le partite di Serie A1 Novara-Cuneo e Brescia-Busto Arsizio per la positività di alcune giocatrici, oltre a membri dello staff. Il caso Fognini è poi esploso oggi: il tennista ligure aveva tra l’altro giocato non più di ventiquattr’ore prima in doppio con Lorenzo Musetti, che attende a sua volta l’esito del tampone nella speranza sia negativo.
La soluzione della ‘bolla’ stile NBA: è davvero praticabile?
Molti addetti ai lavori hanno parlato di ‘bolla’ per risolvere il problema, citando come esempio quanto fatto dalla NBA (la Lega americana di pallacanestro), che da fine giugno a metà ottobre è riuscita a riprendere e chiudere la stagione con zero contagi, giocando tutte le partite e ospitando oltre 500 persone tra giocatori e staff nel gigantesco complesso della Disney ad Orlando, in Florida. Una mossa che trova forte similitudine in quanto fatto dalla Uefa per concludere la stagione di Champions League, con Final Eight in sede unica ad agosto.
Ma quanto è praticabile questa soluzione per tornei itineranti? Poco, a dire il vero, per quegli sport che non vivono il solo campionato, ma anche le coppe e l’attività delle nazionali. Impossibile, poi, per le discipline individuali o quelle come ciclismo o motori, che non possono gareggiare sempre nello stesso luogo. La questione, insomma, è molto più complessa di quanto non mostrino i sostenitori della ‘bolla in stile NBA’. L’impressione è che anche lo sport, come il resto delle attività produttive, debba proseguire con pazienza e attenzione. Una nuova chiusura lo farebbe crollare su se stesso.