Carlo Tavecchio aveva lasciato la presidenza della Federcalcio a fine 2017 battendo i piedi, arrendendosi solo alla sfiducia del Consiglio federale. La sua popolarità, già mai altissima viste le numerose gaffe a livello istituzionale, era crollata a zero dopo la più grande umiliazione nella storia del calcio italiano, la mancata qualificazione ai Mondiali 2018.
Lui non voleva dimettersi. Il resto del Paese, a cominciare dai consiglieri Figc, la pensava però diversamente. Oggi, a tre anni di distanza da un addio al pallone che pareva definitivo, rieccolo lì, ad affondare in prima persona il ‘nuovo che avanza’ in un mondo del calcio che continua a parlare di cambiamento ma alla fine si mostra, al solito, decisamente conservatore. Da oggi, infatti, Carlo Tavecchio è presidente del Comitato regionale lombardo della Federcalcio. E le sue prime parole, nonostante le intenzioni, mostrano un dente particolarmente avvelenato.
Carlo Tavecchio presidente CRL: un’elezione controversa
Tavecchio, 77 anni, è così rientrato di prepotenza nel mondo del calcio, vincendo d’un soffio le elezioni per la successione a Giuseppe Baretti. Una vittoria in volata, controversa, ai danni dello sfidante Alberto Pasquali: 380 voti contro 366 dopo una riunione interminabile, caratterizzata da una serie di problemi tecnici a causa dei quali molte delle 1.086 società aventi diritto non hanno potuto esprimere la loro preferenza.
Sono solo 751, infatti, i voti totali, 5 dei quali ‘schede bianche’. Pasquali (delegato del Comitato provinciale bresciano, considerato dagli addetti ai lavori vicino all’attuale presidente della Lega Dilettanti, Cosimo Sibilia) aveva presentato un programma ricco di proposte per ‘svecchiare’ il comitato: dalla fiscalità agli impianti sportivi, dalla valorizzazione dei settori giovanili e del movimento femminile, fino ai rapporti con gli altri comitati regionali e la Federazione a Roma. Non è bastato.
La stoccata alla Federcalcio: ma cosa cambierà?
Tavecchio ha convinto le 380 società che lo hanno votato con un’argomentazione concentrata sul rimettere “La Lombardia al centro”, come da titolo del suo programma. Durante l’aspra campagna elettorale, intervistato da Il Cittadino, aveva detto di essere più adatto perché “la Lombardia ha bisogno di gente che conosce il sistema”.
Il dente avvelenato nei confronti dell’istituzione che lo aveva allontanato tre anni fa è evidente sin dal suo discorso di apertura in qualità di nuovo presidente del CRL, in cui Tavecchio ha subito specificato: “Avremo contro qualcuno. Andiamo a Roma per ridare dignità alla Lombardia”.
Alla fine, insomma, quel ‘sistema’ che pareva averlo abbandonato è tornato a premiarlo: l’ex numero uno della FIGC è riuscito a rientrare nel mondo del calcio, nonostante il disastro delle qualificazioni a Russia 2018, nonostante le gaffe degli anni passati tra considerazioni misogine (“le donne handicappate rispetto al maschio”) e razziste (“Optì Pobà che mangiava le banane”). Per non parlare degli audio riportati nel 2015 dal Corriere della Sera in cui si esprimeva con frasi antisemite e omofobe.
Messo davanti alla prospettiva del cambiamento, però, il calcio ha preferito restare uguale a se stesso. Perdendo, forse, l’ennesima buona occasione.