L’AIC apre la crisi del calcio italiano: la Fase 2 è tutti contro tutti

Il calcio si scopre fragile. Dopo settimane in cui lo scontro sembrava essere fra il mondo del pallone nostrano e il governo rappresentato dal ministro Spadafora, ecco che, sul più bello, proprio chi quel pallone deve colpirlo, calciarlo, pararlo, minaccia di incrociare le braccia. E a indurre l’Associazione Italiana Calciatori a paventare questo rischio e a far tremare l’intero circus, guarda un po’, sono nuovamente quei soldi per i quali proprio quel circus si era illuso di aver trovato la quadra per ripartire (e incassare).
Calcio, dunque, vittima e carnefice di se stesso?

La delibera della FIGC che apre alla Fase 2

Appena poche ore prima, in Via Allegri, il gotha del calcio italiano esultava per una delibera che ridava il via ai campionati delle tre serie professionistiche. Un’apertura quasi totale, simile a quella che ha caratterizzato il Paese dal 18 maggio, forse esagerata nei tempi e nei modi, giustificata però dalla necessità di dar seguito alle auspicate concessioni del governo, dopo il tam-tam con il Comitato Tecnico Scientifico e le sempre effervescenti diatribe con il Ministero competente.
La delibera che la FIGC ha annunciato sanciva la volontà del calcio professionistico di recepire i protocolli di sicurezza decisi dal CTS e puntare al 28 maggio per concordare con l’Esecutivo il giorno di ripresa ufficiale delle ostilità.
Il sereno dopo la tempesta, Lega e FIGC unite, rapporto con il governo ritrovato. Addirittura nuove regole già sul piatto, come l’impossibilità di protestare avvicinandosi al direttore di gara e l’annullamento delle foto di squadra a inizio match.
Insomma, un’immagine finalmente coesa di un calcio troppe volte trasformatosi in un ring. Illusione? Sì, e anche pura.

Dalla pace allo scontro: tutti contro tutti

Che il finale non fosse proprio da romanzo rosa, ma forse nemmeno un finale, in molti lo hanno capito da subito. Il solo fatto di includere nei campionati pronti a ripartire la Lega Pro, che pochi giorni prima aveva alzato le mani, ammettendo l’impossibilità di allestire i centri di allenamento secondo dpi e distanziamento sociali imposti dalle norme anti-Covid, qualche dubbio lo ha destato. E puntualmente ecco Ghirelli, numero uno della terza serie più importante del calcio italiano, affermare che no, “la Serie C non è in grado di giocare“. Con lui, elemento che in tanti hanno sottovalutato, anche i medici sociali dei 60 club che compongono la stessa lega e che, tanto per essere presi sul serio, già minacciano dimissioni in massa.

Ma insomma, è pur sempre la Serie C, saranno questi i problemi? Sì, lo sono, allor quando la Lega Pro è solo il primo grido di allarme ad ergersi nell’aria in una giornata che termina col botto.
E il botto è rappresentato da Damiano Tommasi, presidente AIC, che nel tardo pomeriggio lancia il siluro: “Con le norme studiate dalla Serie A e dalla FIGC, società che pagheranno una sola mensilità negli ultimi sei mesi potranno iscriversi al campionato senza incorrere in sanzioni. Alla fine pagano sempre i calciatori”.
Moine da superstar? Non proprio. Tommasi punta il dito sullo stop che i club della massima serie si sono dati al pagamento degli emolumenti (da 2 ai 4 mesi) e il “lascivo” placet che la FIGC darebbe all’iscrizione delle società ai campionati del prossimo anno. Se per i big della A il problema potrebbe essere più facilmente affrontabile, lo stesso non si può dire per la cadetteria e menchemeno per la Lega Pro (e lì si torna) dove gli stipendi spesso non superano i 50mila euro all’anno.
La FIGC si difende segnalando che i minimi federali sono assicurati dal fondo di solidarietà (fino a 35mila euro), ma proprio l’ “alleanza per la ripartenza” già palesava le prime falle.

Cairo: “Ripartenza? Mi sono adeguato alla maggioranza”

Lo faceva attraverso le parole di Urbano Cairo, presidente del Torino, che rivelava con estrema trasparenza come in Via Rossellini egli avesse votato adeguandosi alla maggioranza, ma allo stesso modo come perdurino in lui (e in quanti altri?) serie perplessità sulla ripartenza e la convinzione che innanzi al primo imprevisto i piani di back-up faticherebbero a reggere, lasciando spazio a ricorsi e contro-ricorsi da animarci un autunno intero, quasi a rimpiangere le estati delle inchieste federali.
E’ che in estate, stavolta, si dovrebbe giocare.
Last but not least: i tempi. Dovesse andare tutto bene, lo stesso Cairo segnala come resti difficile prevedere l’inizio della prossima stagione. Una stagione che ha nel mirino, manco a dirlo, un altro campionato da giocarsi a tutti i costi: quello europeo.
Insomma, il 28 maggio si avvicina: sarà fischio d’inizio, o fischio finale?

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