Fonici, facchini, adetti alle luci. Sono solo alcuni dei 1300 lavoratori dello spettacolo che sono scesi in piazza, lo scorso 10 ottobre, per la manifestazione dei Bauli in Piazza.
Un evento storico che ha visto per la prima volta uniti lavoratori e rappresentanti delle imprese del mondo dello spettacolo e degli eventi. Tutti insieme hanno manifestato per chiedere alle istituzioni di essere ascoltati.
Questo perché, dallo scorso 24 febbraio, ormai 9 mesi fa, il settore degli eventi live si è completamente fermato. Poche le possibilità di lavorare, ma molte le problematiche dovute alla mancanza di lavoro e all’erogazione di fondi, spesso non sufficienti a sostentare i lavoratori di un settore che sta vivendo una crisi epocale.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Fabio Pazzini, tra i fondatori di Bauli in Piazza, per farci raccontare qualcosa in più sulla manifestazione del 10 ottobre e sulla difficile situazione che stanno affrontando tutti i lavoratori dello spettacolo.
Con la vostra manifestazione del 10 ottobre avete portato all’attenzione delle Istituzioni il momento, davvero complicato, che stanno vivendo da ormai più di 9 mesi tutti i lavoratori del settore. Crede che il messaggio sia arrivato anche al pubblico? Le persone si sono rese conte che senza di voi gli eventi live non si possono fare?
Una cosa così complessa non credo che sia arrivata. Sicuramente è arrivato che c’è una massa di lavoratori dello spettacolo importante. Abbiamo avuto tanto spazio sui media è sicuramente le persone si sono rese conto che un concerto non si fa solo con il cantante. C’è bisogno di tutti coloro che sono “invisibili”, ma stanno dietro alla riuscita degli eventi. E tutti sono importanti, anche i facchini, che conoscono i materiali. Anche le funzioni considerate più umili hanno tutte un’esperienza particolare ed è importante che questo venga capito.
Com’è stato il mese e mezzo che ha seguito la manifestazione?
È stato un periodo intensissimo. Noi di Bauli in Piazza abbiamo incontrato tantissime associazioni di lavoratori che sono attive alcune da sempre, altre da quando è iniziato il problema del Covid che ha purtroppo bloccato tutto. Con loro abbiamo elaborato documenti e proposte che anche noi abbiamo fatto nostre. Abbiamo incontrato, che era tra i nostri obiettivi, le associazioni degli imprenditori, o gruppi di imprenditori non associati. Ci siamo confronti anche con le agenzie di eventi.
Su quali tematiche vi siete confrontati?
Abbiamo spaziato molto perché gli argomenti sono tantissimi. In particolare abbiamo parlato degli aiuti economici in questa fase di crisi. Noi siamo stati i primi a chiudere e quando hanno ricominciato a riaprire quel poco che si poteva fare, tra luglio e agosto, era insufficiente. La situazione è molto grave. La maggior parte delle aziende, di tutto il settore, ha perso dall’80 al 95% del fatturato. Molti lavoratori sono a casa, la maggior parte di noi è libero professionista o organizzato in cooperative, quindi è considerato “lavoratore intermittente”. Tanti non hanno una continuità e non hanno potuto usufruire della cassa integrazione. Non avendo commesse le persone non sono riuscite a lavorare e la situazione è peggiorata sempre di più.
Gli aiuti sono arrivati e non sono bastati…
No, anche perché gli intermittenti, che lavorano con partita Iva, vengono assunti per un periodo di tempo e lavorano per quei 15-30 ad un determinato progetto. Poi però sono a casa. Ma se non c’è giro di lavoro non può funzionare nulla. I lavoratori hanno avuto i primi 600 euro e adesso ne arriveranno altri 1000, che riguardano il decreto di agosto, e stanno iniziando ad arrivare adesso.
Questo concretamente cosa vuol dire?
Vuol dire che abbiamo ricevuto 2800 euro. Non servono a pagare neanche le bollette della luce. Dato che questa situazione di mancanza di reddito non è dovuta a poca voglia di lavorare o scelte personale. È evidente che la mancanza di lavoro non è una scelta personale in questo momento. Adesso anche cercare un lavoro provvisorio in attesa che tutto torni normale non è facile. Sappiamo bene che anche gli altri settori stanno vivendo un momento di crisi. Se non sono in crisi come noi, comunque hanno delle difficoltà. Il problema economico è generale.
A proposito del problema economico, bisogna cominciare a parlare di ripartenza
Sì, questo è un altro tema sulla quale noi di Bauli in Piazza ci stiamo concentrando e ne abbiamo parlato a lungo anche con gli altri soggetti in gioco. Bisogna cominciare a parlare di regole e modelli, perché la ripartenza sarà graduale e bisognerà trovare degli accordi con le autorità. Tutto questo però va programmato fin da oggi, perché se aspettiamo che tutto finisca dovremo aspettare altri 6/9 mesi, e questo non è più possibile.
Sempre parlando di futuro e ripartenza, ci sono state delle prove di concerti live in streaming. Questa può davvero essere una delle possibili soluzioni?
Questo è sicuramente un palliativo, ma apre una nuova fetta di mercato. Nel senso che tutto quello che è digitale, soprattutto per un certo tipo di musica, è possibile creare degli ibridi. Fondamentalmente, ci stiamo aprendo a delle nuove possibilità. Il live però rimarrà sempre tale, perché dà delle emozioni che lo streaming non può regalare. In primis la condivisione con le altre persone. Però è possibile che una parte della musica poi sia resa fruibile più facilmente attraverso lo streaming e le varie piattaforme che oggi, però, sono ancora molto grezze. È un mercato che andrebbe sviluppato. Quello che penso è che uno non sarà alternativo dell’altro, ma saranno complementari. Uno si aggiungerà all’altro. Il rapporto umano rimane fondamentale. I concerti non si possono sicuramente fare su Zoom, va vissuta dal vivo.
Avete attivato una campagna di tesseramento. Mi può spiegare di cosa si tratta?
Fino ad oggi la nostra è rimasta un’associazione, dov’eravamo di fatto i sei che hanno organizzato la manifestazione. Vedendo però l’evolvere della situazione e capendo che l’obiettivo principale, che era smuovere le acque nei nostri confronti come settore era stato raggiunto, e potevamo ancora sfruttare questa capacità comunicativa, soprattutto nei confronti delle istituzioni, attraverso il tesseramento cerchiamo due cose: darci una rappresentanza reale e avere dei finanziamenti. Fino a oggi le spese sono state coperte con donazioni, crowfounding. A lungo andare però non si può mandare avanti, e di conseguenza raggiungere obiettivi, senza degli aiuti
Quali sono nello specifico gli obiettivi dell’associazione Bauli in Piazza?
Sicuramente continuare ad unire lavoratori e imprese, e quindi portare avanti temi comuni, se non addirittura creare delle “camere di compensazione” all’interno dell’associazione per cui lavoratori e imprenditori discutono degli obiettivi che ognuno vuole raggiungere e portare all’attenzione. Sperando che così si trovi una sintesi, senza dover sempre ricorrere a tavoli governativi. Questo poi non impedisce alle singole sigle di continuare ad agire attraverso i loro canali istituzionali classici. Come dicevo c’è una grossa fetta che non ha una rappresentanza organizzata che invece può essere importante.
Cosa pensa dell’attivazione del tavolo permanente per lo spettacolo da parte del MIBACT?
Sono tante le sigle convocate e ci sono soggettività e interessi molto diversi. Il governo ha voluto accontentare tanti con questo tavolo. Il ministro Franceschini ha fatto una grossa assemblea, che potrebbe anche risolversi in un niente. Vediamo, è una cosa complessa. Noi abbiamo cercato di confrontarci con varie associazioni per tentare di creare un file rouge tra tutti noi su alcune proposte poche e mirate su cui insistere per non disperdere l’opportunità che il Governo ci dà. Dobbiamo sfruttarlo al massimo, soprattutto in questo periodo di crisi, poi vedremo.