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Maurizio Cheli è un astronauta che nel corso della sua esperienza ha avuto modo di sorvolare l’Everest volando sullo Space Shuttle. Ora, in occasione della Giornata mondiale della Terra, ha deciso invece di scalarlo personalmente. Questa l’esperienza vissuta insieme ad Area X, iniziativa di Intesa Sanpaolo Assicura dedicata alla cultura della protezione, con sede a Torino.
La fragilità della Terra vista dall’Everest
“Per me scalare l’Everest è stata una soddisfazione personale – ha spiegato Cheli –. È un sogno che sono riuscito a realizzare. Ma che era nato quando avevo potuto vedere, qualche anno prima, la Terra dall’orbita terrestre. In particolare la catena dell’Himalaya. Per un astronauta vedere la Terra da una prospettiva veramente diversa è qualcosa che colpisce molto da un punto di vista emozionale. Perché si percepisce subito la fragilità del nostro pianeta“.
“Lo stesso avviene quando si va in montagna, soprattutto in montagne alte come l’Everest“, ha aggiunto Cheli. Che ha voluto sottolineare le differenze che aiutano a capire quanto la Terra stia soffrendo: “Quando uno confronta la propria esperienza, le proprie fotografie con quelle di anni prima si vede esattamente come è cambiata la morfologia del nostro Pianeta. E quindi se c’è qualcosa che accomuna le due esperienze è sicuramente il fatto che la Terra è un pianeta bellissimo, ma anche molto fragile. E di cui dobbiamo assolutamente prenderci cura“.
Da astranauta a scalatore: l’esperienza di Cheli
Ma come può un astronauta diventare uno scalatore? Cheli ha spiegato anche questo: “Il tema della protezione è legato a quello delle competenze necessarie per raggiungere determinati obiettivi. L’addestramento da astronauta è molto lungo, perché si simula sulla Terra tutto ciò che si ritiene possa accadere nello spazio. E io ho utilizzato la stessa filosofia di addestramento quando ho pensato un giorno di scalare l’Everest. Perciò mi sono allenato partendo da zero per più di due anni. Ci ho messo forse più tempo di quanto me ne sia servito per diventare astronauta“.
Dalla cima dell’Everest, quindi, Cheli si è sentito in connessione con il sé stesso che si era trovato anni prima sullo Space Shuttle: “Una volta arrivato in cima per me è stato come chiudere un cerchio. Perché gli 8848 metri di altitudine fino a quel momento li avevo raggiunti solo con un mezzo meccanico. Ma da lì si vede già molto bene la curvatura della Terra. Cosa che ovviamente si vede ancora meglio dall’orbita terrestre. Quindi è come se io avessi creato un collegamento tra le due esperienze, dal punto più alto della Terra guardando verso l’alto l’orbita terrestre, e dall’orbita terrestre guardando verso il basso“.