Non si tratta semplicemente di una causa da sposare per aiutare il Pianeta, se anche questo per qualcuno non bastasse. La crisi del clima, con conseguenti eventi estremi in ogni angolo del mondo, è infatti a tutti gli effetti anche una crisi economica. Lo confermano i soldi che sempre più spesso bisogna (o bisognerebbe) destinare per affrontare gli effetti delle emergenze meteorologiche.
Lo certifica un rapporto della Oxfam, cui ampio spazio ha dato in queste ore l’autorevole ‘CNN’. Ciò che emerge è che l’ONU ha dovuto investire 1,6 miliardi di dollari all’anno nel periodo 2000-2002 per contrastare gli effetti dei disastri di natura meteorologica. Questa cifra è però salita a quota 15,5 miliardi all’ann0 tra il 2019 e il 2021, con un aumento di oltre l’800%. Vediamo quindi quanto il clima sta incidendo sulle economie di nazioni ricche e povere, e soprattutto cosa sarebbe necessario fare per affrontare realmente il problema.
Clima: che costo hanno i disastri e che cosa (non) fanno le nazioni ricche
La Oxfam ha spiegato che i disastri provocati dal cambiamento del clima sono decisamente costosi, ma i Paesi più ricchi del mondo li coprono economicamente solo per la metà. Pur avendo le principali responsabilità di questa crisi, infatti, dal 2017 hanno restituito all’ONU solo il 54% di quanto richiesto per aiutare chi ha avuto la vita rovinata da eventi meteorologici avversi. La conseguenza è un deficit economico superiore ai 33 miliardi di dollari.
Per inquadrare meglio la gravità della situazione, la ‘CNN’ ha intervistato Russell Armstrong, che in Oxfam lavora come Senior policy adviser nel settore del clima. “A livello mondiale servirebbero tra i 300 e i 500 miliardi di dollari per affrontare il cambiamento climatico. Sono però gli stessi soldi che i governi ancora destinano ai combustibili fossili. Le richieste sono chiare, le esigenze anche. Ma ancora non sono sufficientemente ascoltate“, è la sua denuncia.
Chi paga più degli altri, inevitabilmente, è chi vive in Paesi più poveri. “Il cambiamento del clima ha danneggiato e continua a danneggiare le comunità più vulnerabili – ha aggiunto Armstrong –. Lo fa prima e peggio degli altri, negando a queste persone mezzi di sussistenza, cultura, salute e uno stile di vita accettabile“. Il risultato sono guerre e scarsità di cibo in tutto il mondo, con l’ONU che dispone di risorse sempre inferiori per fronteggiare l’emergenza.
I dati certificano che nazioni come Afghanistan, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Kenya, Niger, Somalia, Sud Sudan e Zimbabwe sono sempre più spesso in ginocchio a causa di un clima estremo e imprevedibile. D’altra parte, le emissioni per esempio degli Usa continuano a crescere. “Da sempre è uno dei Paesi con maggiori emissioni di carbonio. Ha quindi l’obbligo di contrastare il cambiamento climatico come priorità nazionale. E soprattutto quello di aiutare a pagare il conto dei costi di distruzione causati da condizioni meteorologiche estreme“, ha concluso Armstrong. Nel 2021 i disastri climatici hanno avuto un costo complessivo di 329 miliardi di dollari a livello globale, ma gli appelli dell’ONU hanno generato aiuti solo per il 7,5% delle persone che ne avevano effettivamente bisogno.