Ci si sta chiedendo sempre più spesso quali siano i cibi più sostenibili da mangiare. La questione di cosa dovremmo mangiare per contribuire a combattere il cambiamento climatico e il degrado ambientale diventa sempre più importante e ci sono alcuni alimenti che, con qualche avvertenza, si possono consumare senza avere i sensi di colpa.
Quali sono i cibi più sostenibili da inserire nella nostra dieta?
Patrick Holden, direttore generale del Sustainable Food Trust, consiglia: “Una delle cose più importanti che possiamo fare per il futuro del pianeta è ridurre al minimo i chilometri percorsi dagli alimenti, quindi i nostri prodotti di base dovrebbero essere alimenti che possono crescere perfettamente nel Paese”.
Altra cosa fondamentale è quella di fare del proprio meglio per capire la storia che sta dietro a ciò che si mangia, sia che appartenga al mondo vegetale che quello animale. “Se sapete chi ha prodotto il vostro cibo, è responsabile nei vostri confronti ed è più probabile che se ne occupi”.
Tra i cibi troviamo il manzo e agnello nutriti con erba. Queste carni sono considerate tra le più controverse e complesse, ma Holden, uno dei primi sostenitori dell’agricoltura rigenerativa – allevamente del bestiamo all’interno di un sistema di agricoltura mista al fine di restituire al suolo materia organica e con essa anche il carbonio – sostiene la necessità di mangiarle.
Il suolo è un inestimabile serbatoio di carbonio, ma la separazione tra colture e allevamenti ha lasciato la dipendenza dai fertilizzanti artificiali, la cui applicazione riduce la materia organica e la diversità microbica, provocando la lisciviazione del carbonio.
Ruotando il bestiame insieme alle colture, gli agricoltori possono “costruire il carbonio nel suolo e quindi compensare le emissioni del bestiame” e sfruttare al meglio l’erba, una pianta che non possiamo mangiare, ma che cresce in abbondanza nel Regno Unito.
Avena, verdure coltivate localmente, legumi e alghe
L’avena è un alimento molto valido, anche se non è proprio la paladina della sostenibilità. Non è un sostituto dei latticini e, se coltivata in modo intensivo, può essere dannosa come qualsiasi altra monocultura.
Se invece viene “coltivata senza sostanze chimiche artificiali, in un modo rispettoso dell’ecosistema”, sostiene Tim Lang, professore di politica alimentare alla City University di Londra, il consumo dovrebbe essere incoraggiato.
Può essere coltivata ad alta quota ed è una buona “coltura di rottura”, cioè una coltura che può essere seminata tra un raccolto e l’altro per ricostituire il terreno; inoltre l’aveta può sostituire il mais americano importato che spesso si mangia a colazione.
Sicuramente per capire la sostenibilità serve l’educazione al significato di stagionalità e bisogna investire sull’orticoltura: le fragole coltivate in tunnel di plastica riscaldati a febbraio non è chiaramente una risposta, mentre lo è un mix di prodotti freschi e stagionali e di prodotti conservati dalle stagioni precedenti.
Bisogna cercare la filiera più corta possibile: il peso e il contenuto d’acqua di frutta e verdura rendono il trasporto altamente inefficiente.
Se non si possono coltivare direttamente i propri prodotti, è buona norma cercare un mercato agricolo locale o un orto comunitario. Se invece si deve per forza acquistare nei supermercati, non bisogna comprare fuori stagione; se mangiassimo in base alla stagione, ci sarebbe spazio per più varietà locali e tradizionali.
I legumi sono un alimento denso di sostanze nutritive, tanto quanto la carne rossa. Quindi, se si passasse a un sistema di coltivazione in cui utilizziamo il bestiame in una rotazione di colture, possono integrare le proteine della carne, la cui quantità può e deve essere limitata.
Poi c’è la loro capacità di auto fertilizzare il terreno attraverso noduli radicali contenenti batteri che convertono l’azoto atmosferico in ammoniaca.
Questo significa che anche se non sono coltivati in modo biologico, i legumi non hanno bisogno di fertilizzanti artificiali, mentre i noduli aumentano anche la materia organica nel suolo alimentando la vita microbica che, quando muore, assicura il sequestro del carbonio.
Alghe, bivalvi e come non sprecare il cibo
Le alghe sono considerate superfood, sia per i suoi benefici ambientali sia per le sue potenti proprietà nutrizionali. Come tutte le piante, le alghe assorbono l’anidride carbonica, ma possono anche ridurre l’acidificazione degli oceani, permettendo ai microrganismi e alla vita marina di prosperare.
“Per crescere l’alga ha bisogno di azoto e fosfato, quindi è possibile coltivarla nelle aree in cui si verifica il deflusso agricolo e convertire questi inquinanti in sostanze nutritive” afferma Michele Stanley, direttrice associato per la scienza, l’impresa e l’innovazione presso l’Associazione scozzese per le scienze marine.
Infine, cozze e i bivalvi in generali, sono densi di sostanze nutritive, abili nel sequestrare il carbonio e nel purificare l’acqua di mare; i bivalvi sono al pari delle alghe quando si parla di sostenibilità.
Ostriche, cozze, vongole e capesante si nutrono di materia organica microscopica, compresi gli scarti agricoli. La loro coltivazione trasforma i rifiuti in deposito di carbonio e cibo delizioso. La pesca delle cozze selvatiche, inoltre, “crea microhabitat per pesci e altri piccoli invertebrati”, afferma Katie Keay, responsabile senior del Marine Stewardship Council per la pesca. Per allevare le cozze basta calare delle corde in mare, così si attaccano alle corde, non è necessario nutrirle e si torna dopo due anni e mezzo per raccoglierle.
Dunque, se si smettesse di sprecare il cibo si eliminerebbe l’8% delle nostre emissioni totali: un modo semplice di mangiare sarebbe per il pianeta una delle soluzioni per il problema delle emissioni.
Si potrebbe conservare e fare il brodo con le ossa di carne e pesce, oppure mangiare la maggior quantità possibile di frutta e verdura. Sostenere le aziende che riutilizzano gli scarti (il pane in eccesso nella birra, la frutta in eccesso in condimenti e chutney) è un’altra facile vittoria.