Effetto nocebo, cos’è e cosa lo lega alle reazioni avverse ai vaccini

Più di due terzi degli eventi avversi associati al vaccino anti Covid-19 sono da imputare al cosiddetto effetto “nocebo”. Il riferimento è a tutti quegli effetti collaterali associati a una sostanza che non è però in grado di produrre conseguenze. Lo rivela uno studio condotto dagli scienziati dell’americana Harvard Medical School. L’indicazione arriva dall’analisi dei dati relativi a 12 trial clinici sui vaccini.

Da questa è infatti emerso che anche chi ha ricevuto il placebo nei test ha segnalato effetti collaterali. Secondo i ricercatori, il 52% delle comuni reazioni avverse segnalate dopo la seconda dose sarebbero riconducibili all’effetto nocebo, la versione negativa dell’effetto placebo. La percentuale sale addirittura al 76% se consideriamo quelle segnalate dopo la prima somministrazione.

I trial clinici sui vaccini anti Covid-19

“Dire ai pazienti che” il vaccino “ha effetti collaterali simili a quelli prodotti dal placebo nei trial riduce l’ansia e induce i pazienti a prendersi del tempo per valutare gli effetti stessi”. Lo ha spiegato al Guardian il professor Ted Kaptchuk, autore dello studio. Kaptchuk ha analizzato gli eventi avversi insieme alla collega Julia Haas, del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston.

In ogni trial, a chi ha ricevuto il placebo è stata somministrata una soluzione salina. Stando ai risultati, più del 35% dei pazienti ha lamentato mal di testa e affaticamento (le reazioni più comuni indicate nei bugiardini dopo le iniezioni); mentre il 16% ha parlato di dolore, arrossamento e gonfiore nel punto dell’iniezione.

L’effetto nocebo e le “finte” reazioni avverse

In realtà, però, queste non le avrebbe provocate il vaccino, bensì l’effetto nocebo. La ricerca fa dunque ipotizzare che le informazioni sugli effetti collaterali comunicate preventivamente possano indurre le persone ad attribuire erroneamente disturbi comuni al vaccino o a valutare in maniera errata le proprie condizioni.

Secondo il professor Kaptchuk, comunque, tali informazioni devono essere fornite nel modo più ampio ed esaustivo possibile ai pazienti. “La maggior parte dei ricercatori sostiene che ai pazienti dovrebbe essere dette meno cose sugli effetti collaterali per ridurre l’ansia. Io penso che questo sia sbagliato – ha affermato –. Bisogna seguire la via dell’onestà.

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