Covid, contagi gravi previsti da “molecole spia” | La scoperta tutta italiana

Ci potrebbe essere un modo per scoprire prima del tempo quali malati di Covid rischiano di contrarre una forma più pericolosa del virus. Questo potrebbe permettere di prevenirne un contagio grave e, nelle speranze della medicina, anche il decesso. Il merito sarebbe di alcune “molecole spia”, scoperte da un gruppo di ricercatori italiani che ne hanno parlato a Lisbona, nel corso del Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (Eccmid 2022).

La scoperta è il frutto di un lavoro condotto da Emanuela Sozio, della Clinica malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale di Udine. Insieme a lei, i colleghi del Dipartimento di medicina di laboratorio hanno condotto uno studio retrospettivo su 415 pazienti (il 65,5% dei quali è di sesso maschile) ricoverati per Covid tra maggio 2020 e marzo 2021. Ecco cosa hanno scoperto.

Covid: che cosa sono le citochine e perché aiutano le cure

La medicina ha già stabilito che una delle cause di morte da Covid si origina da una reazione eccessiva del sistema immunitario. A provocarla sarebbero i livelli eccessivi di alcune proteine, chiamate citochine. Queste ultime producono un livello di infiammazione talmente elevato da provocare insufficienze agli organi con conseguente decesso. Restava però da stabilire quali fossero le citochine responsabili di questo processo.

Un reparto Covid di un ospedale
Foto | Newsby

Il gruppo di lavoro friulano ha analizzato le schede mediche di pazienti Covid di ogni livello di gravità, in base alle definizioni dell’Oms. Ciò comprende malati di livello lieve, moderato, grave o critico, dall’età media di 70 anni. Si è quindi deciso di misurare i livelli di varie citochine al momento del ricovero e poi di confrontarli con quelli presenti al decorso (positivo, negativo o addirittura fatale) della malattia.

Ebbene, l’analisi ha rivelato che alti livelli di IP-10 al momento del ricovero possono segnalare un’eccessiva risposta immunitaria. Si tratta precisamente della casistica che può portare il paziente malato di Covid a sviluppare fibrosi polmonare e richiedere l’intubazione. Con alti livelli di IL-6, invece, si alzano due sostanze (Sil2ra e IL-10) che hanno effetti antinfiammatori sull’organismo. In questo caso, quindi, ricorrere a farmaci immunosoppressori rischia di essere addirittura nocivo per i pazienti.

Studi di laboratorio sul Covid
Foto | Pixabay | fernandozhiminaicela

Ora tali dati sono al vaglio dell’Eccmid, insieme a quelli emersi da un altro studio. “Stabilire la prognosi peggiore dei pazienti Covid, soprattutto all’inizio, non è sempre possibile. Ormai appare chiaro, tuttavia, che prima trattiamo l’infiammazione eccessiva, più è probabile che la si disattivi in modo rapido e definitivo“, ha spiegato la dottoressa Sozio.

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