Coronavirus, rapporto Istat-Iss sulla mortalità: Italia divisa in tre

In concomitanza con l’inizio della Fase 2, l’Istat (Istituto nazionale di statistica) ha pubblicato, in collaborazione con l’Iss (Istituto Superiore di Sanità) rapporto statistico sull’impatto del Coronavirus sulla mortalità totale della popolazione residente in Italia, prendendo in considerazione un campione di 6.886 comuni, l’87% dei 7.904 totali. Il dato più evidente è sicuramente la crescita della mortalità nel mese di marzo del 49,4% sul territorio nazionale, ma la forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese, soprattutto nel Nord Italia, rende necessaria un’analisi approfondita prendendo singolarmente in considerazione le aree più colpite.

Numeri spaventosi nelle zone più colpite

Il rapporto Istat-Iss non lascia spazio a interpretazioni: secondo quanto indicato, infatti, il dato più alto che riguarda dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale a marzo si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, 37 province del Nord e una del Centro Italia (Pesaro-Urbino). In queste zone, i decessi totali sono più che raddoppiati (l’aumento medio corrisponde al 113%) rispetto alla media del mese di marzo dei cinque anni precedenti. Sono dieci le province in cui il triste aumento ha superato le tre cifre percentuali: a Bergamo il dato è superiore del 568%, a Cremona del 391%, a Lodi (provincia in cui è stato registrato il primo focolaio) del 371%, a Brescia del 291%, a Piacenza del 264%, a Parma del 208%, a Lecco del 174%, a Pavia del 133%, a Mantova del 122%, a Pesaro e Urbino del 120%. Cifre terribili, che rendono l’idea del pesante impatto da parte del virus in queste zone.

Un’Italia divisa in tre, secondo l’Istat

Le cifre cambiano moltissimo, sorprendendo in un certo senso, se si prendono in considerazione le province del Centro-Nord meno colpite e il Sud. Il rapporto, infatti, indica infatti un incremento molto più contenuto nelle 35 province del Centro Nord considerate a media diffusione dell’epidemia, con una media del 14%. Nelle 34 province del Centro-Sud, considerate aree a bassa diffusione, i decessi del mese di marzo 2020 sono addirittura inferiori dell’1,8% rispetto alla media del quinquennio precedente. Prendendo in considerazione le singole regioni, a registrare un decremento complessivo sono Lazio (-8%, a Roma -9,4%), Basilicata (-7%), Sicilia (-3%), Campania (-2%) e Calabria (-1%).

La precisazione sul numero dei decessi

Il rapporto Istat-Iss conferma inoltre che da un’analisi combinata dei dati di mortalità giornaliera con i dati della Sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità “la mortalità ‘diretta’ attribuibile al Covid-19 in individui con diagnosi confermata, nel primo trimestre 2020 è stata di circa 13.700 decessi.

I relatori, tuttavia, integrano la cifra con una doverosa precisazione: “Esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi – si legge nel rapporto – per la quale possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”.

 

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