Novità sul fronte dell’Alzheimer: uno studio italiano ha rilevato maggiori rischi di sviluppare la malattia se il colon è infiamato.
L’intestino è spesso definito il nostro “secondo cervello” per la sua capacità di comunicare con l’organo pensante, influenzandone lo stato di salute. Un recente studio italiano ha portato alla luce una scoperta sorprendente: l’infiammazione del colon potrebbe anticipare e quindi aumentare il rischio di sviluppare disturbi della memoria legati all’Alzheimer. Questa ricerca si inserisce nel contesto dello Spoke 4 di Mnesys, un importante progetto nazionale dedicato allo studio del cervello.
Gli scienziati coinvolti nello studio hanno evidenziato come il corpo comunichi con il cervello non solo attraverso le connessioni nervose ma anche grazie ai segnali inviati dal microbiota intestinale. Questa complessa comunità di microrganismi svolge un ruolo cruciale nella nostra salute generale e, come suggerito dalla ricerca, potrebbe avere implicazioni dirette nello sviluppo di malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer.
Il legame con il microbiota intestinale
Il team guidato da Laura Calzà e Luciana Giardino dell’Università di Bologna ha condotto uno studio sui roditori che dimostra la correlazione tra infiammazione del colon e aumento del rischio Alzheimer. Pubblicata sulla rivista “Alzheimer’s Research & Therapy”, la ricerca indica che un microbiota invecchiato precocemente può causare infiammazioni organiche e alterare le funzioni degli astrociti, cellule fondamentali per il supporto all’attività neuronale.
Laura Calzà sottolinea l’importanza dei risultati ottenuti nell’ambito delle strategie preventive contro la demenza. Identificando i fattori di rischio modificabili nelle fasi presintomatiche della malattia, si aprono nuove possibilità terapeutiche mirate a regolare i segnali provenienti dal microbiota intestinale. Questo approccio si inserisce nella visione più ampia delineata dalla commissione “Lancet Neurology” nel 2020 riguardante prevenzione, intervento e cura della demenza.
Patrizia Fattori, coordinatrice dello Spoke 4 e ordinaria di Fisiologia all’Università di Bologna, ricorda che attualmente sono stati individuati 12 fattori di rischio modificabili responsabili del 40% delle demenze a livello mondiale. La conoscenza approfondita dei meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative sta cambiando radicalmente la nostra comprensione della demenza, aprendo la strada a strategie preventive sempre più efficaci per ridurne l’impatto sulla popolazione globale.
Lo studio condotto nell’ambito dello Spoke 4 offre una nuova prospettiva sulle possibili cause dell’Alzheimer e sull’importanza dell’intestino nella prevenzione delle malattie neurodegenerative. Con ulteriori ricerche in questo campo emergente sarà possibile sviluppare nuovi approcci terapeutici mirati a migliorare significativamente la qualità della vita degli individui affetti da queste patologie.