Strage di Brandizzo: le indagini vanno avanti da un anno

Negli ultimi anni, la procura di Ivrea non si è mai trovata ad affrontare un’inchiesta complessa come quella sulla strage di Brandizzo, il tragico incidente sul lavoro che ha causato la morte di cinque operai investiti da un treno nella notte tra il 30 e il 31 agosto 2023.  Per comprendere cosa è accaduto e, soprattutto, perché, sono stati sequestrati migliaia di documenti e ascoltate decine di persone.

Indagini di questa portata richiedono naturalmente molto tempo, ma in questo caso il processo è ulteriormente rallentato dalla carenza di personale presso la procura di Ivrea. Con solo 10 magistrati, la mancanza di ufficiali di polizia giudiziaria e un numero insufficiente di funzionari e segretari, costretti a svolgere molteplici mansioni, la procura è stata definita la più disastrata d’Italia. “Siamo sempre in emergenza, vorremmo fare molto di più, ma non abbiamo le persone per farlo”, afferma la procuratrice capo Gabriella Viglione.

Questa carenza di personale è stata denunciata più volte negli ultimi mesi, soprattutto dopo la strage, che ha aggravato una situazione già precaria. Si tratta di un problema radicato, difficile da risolvere rapidamente. Le conseguenze sono chiare: la procura sarà costretta a chiedere una proroga delle indagini di sei mesi per analizzare la vasta quantità di documenti raccolti dalla magistrata Valentina Bossi e dalla procuratrice Viglione, che coordinano l’inchiesta.

Le indagini sulla strage di Brandizzo proseguono da un anno

Un anno fa, alla stazione di Brandizzo, vicino a Torino, gli operai della ditta esterna Si.Gi.Fer iniziarono a lavorare sui binari intorno alle 23:40, prima dell’inizio dell’interruzione programmata del traffico ferroviario, cioè senza la sospensione del passaggio dei treni sulla linea. Nei video registrati nei momenti precedenti l’incidente, si vede uno degli operai ricevere istruzioni. “Ragazzi, se vi dico ‘treno’, andate da quella parte”, dice un uomo che, secondo le indagini, sarebbe Antonio Massa, il tecnico di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) responsabile del cantiere in cui lavoravano gli operai. L’operaio che riprendeva la scena risponde: “Non abbiamo ancora l’interruzione”.

Le indagini sulla strage di Brandizzo proseguono da un anno
Le indagini sulla strage di Brandizzo proseguono da un anno – ANSA/TINO ROMANO – Newsby.it

 

L’operaio che ha registrato il video era Kevin Laganà, che è stato travolto dal treno insieme a Giuseppe Saverio Lombardo, Michael Zanera, Giuseppe Aversa, e Giuseppe Sorvillo. La procura di Ivrea ha indagato Andrea Girardin Gibin, caposquadra della Si.Gi.Fer, e Antonio Massa, accusato di aver dato il permesso agli operai di iniziare i lavori prima di ricevere la conferma dell’interruzione della circolazione dalla responsabile della sala operativa di Chivasso. Entrambi sono accusati di disastro ferroviario e omicidio con dolo eventuale. Il “dolo eventuale” si riferisce a una situazione in cui si compie un’azione accettando consapevolmente il rischio che essa possa avere come conseguenza un reato, anche grave come un omicidio.

Le indagini si sono rapidamente estese. A fine novembre, sono stati indagati quattro dirigenti dell’azienda Si.Gi.Fer e due dirigenti di RFI. Gli uffici di Torino e Roma sono stati perquisiti alla ricerca di documenti relativi alle modalità di lavoro e alle misure di sicurezza adottate nei cantieri ferroviari. Gli inquirenti stanno cercando di stabilire se l’incidente di Brandizzo sia riconducibile a una specifica responsabilità di chi era presente quella notte, se queste modalità operative fossero una consuetudine in altri cantieri gestiti dall’azienda e, più in generale, se ci siano problemi nell’organizzazione delle manutenzioni ferroviarie. È un’indagine lunga, delicata e impegnativa.

In qualsiasi altra procura, afferma la procuratrice capo Gabriella Viglione, sarebbe stato creato un gruppo di lavoro dedicato esclusivamente al caso della strage di Brandizzo. Tuttavia, a Ivrea ciò non è possibile: chi indaga su questo tragico evento deve occuparsi anche di molte altre attività, come gestire le inchieste arretrate, coprire i turni e partecipare ai processi. “Facciamo quello che possiamo e anche di più”, assicura Viglione.

L’organico della procura di Ivrea è estremamente limitato. Ci sono solo 8 ufficiali di polizia giudiziaria, mentre dovrebbero essere 24. I funzionari e i segretari sono solo 29, di cui una quindicina lavorano a mezzo servizio. Per fare un confronto, la procura di Alessandria, con lo stesso numero di magistrati, dispone di circa 60 tra segretari e funzionari. Dal 2011, manca un direttore amministrativo, il che significa che altri lavoratori devono assumersi le responsabilità del direttore, come firmare contratti e pagare le bollette. Negli ultimi mesi, l’ufficio del casellario giudiziale è stato chiuso un paio di volte, impedendo ad avvocati e cittadini di ottenere certificati indispensabili per partecipare a concorsi pubblici o stipulare contratti di lavoro.

La mancanza di personale di segreteria rallenta notevolmente le procedure e, di conseguenza, le indagini. Le segreterie devono gestire una grande quantità di richieste da parte degli avvocati, organizzare gli appuntamenti e gestire tutti i documenti. Col passare del tempo, le incombenze si accumulano: a Ivrea, ogni magistrato ha circa duemila fascicoli arretrati aperti, il numero più alto in Italia. “Dovendo rispettare criteri di priorità, i magistrati lavorano solo sulle urgenze: arresti, decessi, reati legati al codice rosso, malattie professionali e infortuni sul lavoro. Il resto viene posticipato. Non abbiamo alternative”, spiega Viglione.

L’attuale mancanza di personale nella procura di Ivrea è in gran parte dovuta alla riforma del 2012 attuata dall’allora ministra della Giustizia Paola Severino. La riforma comportò la soppressione di 31 tribunali, 220 sedi distaccate e 667 uffici dei giudici di pace, con l’obiettivo di risparmiare denaro e rendere i tribunali e le procure più efficienti. Sebbene la procura di Ivrea sia stata risparmiata dai tagli, l’impatto sul lavoro dei magistrati si è comunque fatto sentire. La popolazione del territorio di competenza della procura è passata da 184.000 a 514.000 persone, aumentando notevolmente il carico di lavoro. Le nuove assunzioni negli anni successivi hanno compensato a malapena i pensionamenti e i trasferimenti.

Già lo scorso anno, due settimane dopo l’incidente di Brandizzo, il procuratore generale di Torino Francesco Enrico Saluzzo pubblicò una nota per denunciare la carenza di personale nella procura di Ivrea, avvertendo che l’inchiesta sulla strage avrebbe potuto “segnare il tracollo definitivo di quell’ufficio giudiziario”. Un anno dopo, la situazione non è migliorata.

Il ministero ha richiesto al Consiglio superiore della magistratura un parere sull’eventuale aumento dei magistrati in servizio a Ivrea, e la risposta è stata rapida e positiva. Tuttavia, il bando straordinario non ha dato i risultati sperati. Sebbene sulla carta siano stati aggiunti due magistrati, i trasferimenti da altre procure sono ancora fermi, il che significa che ci vorrà almeno un anno per aumentare effettivamente l’organico.

Il problema più grave, però, cioè la mancanza di personale amministrativo, non sarà risolto a breve. A causa della situazione disastrata, nessuno vuole lavorare alla procura di Ivrea, e chi ci lavora desidera andarsene. Questo crea un circolo vizioso che rende ancora più difficile risolvere le carenze di personale e migliorare l’efficienza dell’ufficio.

Negli ultimi mesi, la procuratrice capo Gabriella Viglione ha ripetutamente chiesto al questore di Torino di poter ottenere in prestito ufficiali di polizia giudiziaria, che sono indispensabili per portare avanti le indagini. Viglione ammette di sentirsi un po’ come una molestatrice per le continue richieste al questore, che definisce scherzosamente “al limite dello stalking”: “Ormai vado avanti con la carità. Per fortuna trovo sempre grande disponibilità e gentilezza, ma non è giusto né dignitoso continuare ad affrontare un’emergenza in questo modo. Non è giusto anche nei confronti delle persone che attendono risposte dalle indagini”.

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