Sciopero nazionale della sanità: medici e infermieri protestano contro la manovra 2025 per chiedere dignità, migliori condizioni di lavoro e investimenti nel Servizio Sanitario Nazionale
Oggi, 20 novembre, l’Italia è teatro di uno sciopero nazionale di 24 ore che coinvolge medici, infermieri e personale sanitario. La protesta, indetta dai sindacati Anaao-Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up, rappresenta una forte opposizione alla manovra finanziaria 2025 e mira a denunciare le condizioni di lavoro insostenibili che affliggono il personale sanitario.
Sotto lo slogan “ridare dignità e valore” al lavoro di chi ogni giorno si occupa della salute pubblica, lo sciopero ha portato alla sospensione di visite, interventi e esami, con inevitabili disagi per i cittadini.
La manifestazione principale si svolge a Roma, in Piazza Santi Apostoli, dalle 12 alle 14, ma in tutta Italia le adesioni dimostrano il profondo malcontento del settore sanitario.
Sciopero nazionale della sanità: le adesioni sono molto alte
I dati preliminari indicano una partecipazione straordinaria allo sciopero. Secondo i sindacati, le adesioni raggiungono punte dell’85%, nonostante i vincoli di legge che garantiscono la continuità dei servizi di emergenza e urgenza. Pierino Di Silverio, segretario Anaao-Assomed, Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, presidente Nursing Up, hanno sottolineato l’importanza di questi numeri:
“Questi dati sono un segnale forte. La partecipazione massiccia riflette la gravità delle condizioni di lavoro e il malessere diffuso tra medici, infermieri e altri professionisti sanitari.”
Lo sciopero coinvolge personale sanitario a tutti i livelli, inclusi medici, infermieri, dirigenti sanitari, tecnici e amministrativi in servizio presso le aziende del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), gli IRCCS, gli IZs, l’ARPA e le strutture private accreditate. Tuttavia, come spiega Pierino Di Silverio, circa il 20-25% del personale sanitario – equivalente a 30.000 medici – non potrà aderire per garantire i servizi di emergenza. “I servizi di emergenza saranno sempre garantiti, ma le cure ordinarie no,” ha dichiarato Di Silverio.
La mobilitazione ha inevitabilmente causato disagi significativi per i cittadini, con oltre 1,2 milioni di prestazioni sanitarie a rischio. Tra queste si contano:
- 15.000 interventi chirurgici programmati che potrebbero essere rinviati.
- 100.000 visite specialistiche sospese.
- 50.000 esami radiografici non effettuati.
- Prestazioni assistenziali, infermieristiche e ostetriche, incluse quelle a domicilio, che subiranno ritardi.
Nonostante questi disagi, i sindacati hanno ribadito che i servizi di emergenza saranno garantiti per assicurare la sicurezza dei pazienti più critici.
Lo sciopero di oggi non nasce solo da richieste economiche, ma da una serie di criticità che affliggono il sistema sanitario. I sindacati hanno stilato un elenco di motivazioni che mettono in evidenza i problemi strutturali e organizzativi del SSN. Ecco i principali punti:
- Finanziamenti insufficienti per il rinnovo dei contratti di lavoro, sia nel pubblico che nel privato.
- Mancata detassazione di una parte delle retribuzioni.
- Ritardi nell’attuazione della normativa per la depenalizzazione dell’atto medico e sanitario.
- Incrementi tardivi e inadeguati per l’indennità di specificità infermieristica, senza estensione alle ostetriche.
- Mancanza di risorse per un piano straordinario di assunzioni di personale sanitario.
- Assenza di norme per garantire presidi di sicurezza negli ospedali, fondamentali per proteggere il personale da aggressioni e violenze.
- Mancata riforma delle cure ospedaliere e territoriali, necessaria per migliorare l’efficienza del sistema.
- Mancata contrattualizzazione degli specializzandi e assenza di retribuzioni adeguate per i professionisti non medici.
- Esclusione delle professioni sanitarie dalle categorie riconosciute come usuranti, con la conseguente negazione dei relativi benefici di legge.
- Mancanza di interventi per superare il vincolo di esclusività per infermieri e altri professionisti sanitari, come previsto dalla legge 43/2006.
I sindacati sottolineano che il cuore della protesta non riguarda solo questioni economiche, ma anche la necessità di valorizzare e rispettare il lavoro dei professionisti della sanità. In una nota congiunta, Anaao-Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up dichiarano:
“Non è solo una questione di contratti o assunzioni: chiediamo di ridare dignità e valore al nostro lavoro. Vogliamo un sistema sanitario che non costringa i giovani professionisti a emigrare e che garantisca condizioni di lavoro dignitose per tutti.”
Uno dei problemi più gravi è infatti l’esodo dei giovani professionisti verso l’estero. Sempre più medici e infermieri scelgono di lasciare l’Italia per lavorare in paesi dove le retribuzioni sono più alte e le condizioni di lavoro migliori. Questa “fuga di cervelli” sta mettendo in crisi il sistema sanitario italiano, già provato da carenze di personale e risorse.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente aggravato una situazione già critica. Il sistema sanitario italiano soffre di:
- Carenza cronica di personale, che porta a turni di lavoro massacranti.
- Strutture ospedaliere spesso sature e inadeguate.
- Finanziamenti insufficienti, con l’Italia che destina solo il 6,5% del PIL alla sanità, una delle percentuali più basse tra i paesi europei.
Questi problemi non solo compromettono la qualità delle cure, ma contribuiscono al malcontento e allo stress del personale sanitario, rendendo sempre più difficile attrarre e trattenere talenti.
I sindacati chiedono al governo un intervento urgente per salvare il Servizio Sanitario Nazionale. Tra le priorità indicate:
- Aumento dei finanziamenti per migliorare le condizioni di lavoro e garantire retribuzioni più adeguate.
- Riconoscimento del lavoro usurante nelle professioni sanitarie, con l’accesso ai relativi benefici di legge.
- Maggiore sicurezza negli ospedali, con l’introduzione di presidi di pubblica sicurezza.
- Una riforma strutturale che migliori l’efficienza delle cure territoriali e ospedaliere.
- Contratti più competitivi per contrastare la fuga di cervelli verso l’estero.
Lo sciopero del 20 novembre è una delle mobilitazioni più partecipate del personale sanitario negli ultimi anni. Con adesioni che raggiungono l’85% in alcuni territori, il messaggio al governo è chiaro: il sistema sanitario italiano è in crisi e non può più essere ignorato. “La nostra protesta non è contro i cittadini, ma per loro,” ribadiscono i sindacati. “Senza medici, infermieri e professionisti motivati, la salute dei cittadini è a rischio.”
Questa giornata di mobilitazione rappresenta un momento cruciale nella battaglia per la difesa della sanità pubblica. La straordinaria partecipazione dimostra che il personale sanitario è determinato a farsi ascoltare.
La speranza dei sindacati è che il governo comprenda la gravità della situazione e intervenga con misure concrete per salvare il sistema sanitario italiano, garantendo condizioni di lavoro migliori per i professionisti e cure di qualità per i cittadini.