Dopo la bocciatura per il referendum sull’eutanasia, si attende ora il giudizio della Corte Costituzionale su altri quesiti referendari. Ci sono quelli sulla giustizia e quello sulla cannabis. La domanda che però ci si pone ora è: quando si andrà a votare per i referendum 2022?
L’articolo 75 della Costituzione
Diciamo innanzitutto che, come si è già potuto assistere negli ultimi due anni, è difficile pronosticare una data precisa stante la variabile Covid. Tuttavia, la Costituzione e la Legge italiana spiegano in maniera molto chiara le tempistiche sui referendum. Il referendum abrogativo previsto dall’art. 75 della Costituzione stabilisce che 500.000 cittadini o 5 Consigli regionali, possono proporre all’intero corpo elettorale “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge” (decreto legislativo, decreto-legge).
La Consulta si esprime sul giudizio di ammissibilità dopo che la richiesta di referendum è stata ritenuta regolare dall’Ufficio centrale presso la Corte di cassazione. E il referendum si può indire solo se la Corte lo giudica ammissibile. Le sue decisioni in materia sono state spesso al centro dell’attenzione e della politica. Non solo per l’oggetto dei referendum proposti ma anche per gli effetti che essi possono produrre sulla vita politica e parlamentare.
Il voto sui vari referendum verrà svolto entro la fine della primavera 2022
La legge stabilisce che le richieste di referendum siano esaminate dalla Corte costituzionale entro il mese di gennaio, per arrivare alla consultazione sui referendum ammessi, in una data compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno. In ogni caso la data che proporrà il governo non potrà essere coincidente con quella delle elezioni comunali (Genova, Palermo, L’Aquila e Catanzaro in testa).
Questo perché la disciplina costituzionale del referendum abrogativo consente all’elettore tre possibilità: non solo il voto favorevole o contrario all’abrogazione, ma anche l’astensione. E anche quest’ultimo modo di esprimere la propria volontà di voto deve rimanere segreto. Affinché il referendum abrogativo sia valido, infatti, è necessario che partecipi la metà più uno degli aventi diritto al voto. Se, invece, l’elettore venisse “costretto” a dichiarare al presidente di seggio di volersi astenere, questa volontà non sarebbe più tutelata (in un certo senso) dal “segreto dell’urna”. Niente accorpamento, quindi.