Mentre la maggioranza e le opposizioni si confrontano per capire come approcciarsi a eventuali riforme istituzionali, c’è una parola che si sente sempre più spesso: premierato. Questo termine non ha un significato unico, come ha sottolineato anche il costituzionalista Mauro Volpi a Pagella Politica, ma in generale si riferisce a un sistema in cui il presidente del Consiglio ha più poteri e/o è eletto direttamente dal popolo (in questo secondo caso si parlerebbe di “sindaco d’Italia”). Questi scenari, ben visti dal governo Meloni, incontrano meno resistenza da parte delle opposizioni rispetto al presidenzialismo, che andrebbe a modificare in modo sostanziale il ruolo del presidente della Repubblica, prevedendone l’elezione diretta e l’attribuzione di alcuni specifici poteri di governo.
Premierato o presidenzialismo?
Per far funzionare il presidenzialismo sarebbero necessari parecchi stravolgimenti. Oltre a cambiare vari articoli della Costituzione bisognerebbe introdurre una serie di “contropoteri” per evitare un eccessivo accentramento dei poteri nelle mani del Capo dello Stato. Per fare un esempio, nel sistema attuale Sergio Mattarella può ricoprire senza problemi sia l’incarico di presidente della Repubblica sia quello di presidente del Consiglio Superiore di Magistratura (Csm), ma lo stesso non potrebbe accadere una volta adottato il modello del presidenzialismo.
Quali poteri otterrebbe il premier?
Al contrario, il premierato richiederebbe un numero di modifiche di gran lunga minore, nonché una lotta meno faticosa con le opposizioni. Azione e Italia Viva sono notoriamente favorevoli alla proposta, così come la frangia più riformista del Pd (già l’Ulivo di Romano Prodi nel 1996 auspicava un “governo del Primo ministro”). Per andare in questa direzione, sul tavolo dei tecnici di Palazzo Chigi e del ministero delle Riforme è già presente un pacchetto di modifiche che prevede il rafforzamento dei poteri del premier, che potrebbe diventare in grado di revocare i ministri e ricorrere alla sfiducia costruttiva, ossia l’impossibilità per le Camere di sfiduciare un governo senza accordare al tempo stesso la fiducia a un altro esecutivo.
Con il premierato potrebbe anche avvenire l’elezione diretta del presidente del Consiglio da parte del popolo, che vedrebbe il premier diventare una sorta di “sindaco d’Italia”.
Come dovrebbe cambiare la legge elettorale?
Per funzionare, un modello come il premierato necessiterebbe di una legge elettorale capace di portare una maggioranza certa in seguito alle elezioni. Con l’attuale Rosatellum ciò non sarebbe possibile, perché, come visto in passato, può condurre a delle situazioni in cui i partiti sono costretti a delle alleanze indesiderate pur di dare il via a un esecutivo. Il governo propone di risolvere il problema con un sistema proporzionale con premio di maggioranza, con il quale sarebbe attribuito il 54% dei seggi alla forza politica in grado di ottenere almeno il 40% dei voti.