I 54 naufraghi a bordo della nave dell’Ong Open Arms sbarcati questa mattina nel porto di Civitavecchia sono gli ultimi migranti a raggiungere le coste italiane in questo 2023, un anno segnato da un’impennata degli arrivi, quasi 156mila, e sopratutto delle morti in mare. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, 2.271 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, il 60% in più rispetto al 2022.
Piantedosi: “Troppi sbarchi ma potevano essere di più”
“Il numero degli arrivi di quest’anno non coincide certo con l’obiettivo delle politiche che il governo ha avviato in molteplici direzioni con il fine di contrastare e sconfiggere il traffico di esseri umani, ma va detto che ne sarebbero arrivati ancor di più se non avessimo adottato le misure varate in questi mesi che hanno già dato risultati concreti“, ha messo le mani avanti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in un’intervista rilasciata alla Stampa.
Il capo del Viminale ha rivendicato gli accordi siglati con la Libia e più di recente con la Tunisia per fermare le partenze. Gli stessi denunciati dalle Ong – in testa Amnesty International – come un tentativo “crudele, costoso e inefficace“ di appaltare all’estero la gestione dei flussi migratori. “La collaborazione con le autorità tunisine e libiche ha consentito di bloccare molte decine di migliaia di altri arrivi, 121.883 persone, un numero non molto lontano da quello delle persone arrivate, e di arrestare centinaia di trafficanti”.
Sul fronte dell’accoglienza, sostiene l’ex prefetto di Roma, il “sistema” ha “retto l’urto di un afflusso straordinario che è stato determinato da crisi politiche o socio-economiche avvenute in Paesi stranieri le cui cause sono state del tutto indipendenti da noi“.
Nel 2023, 156mila arrivi (+50%) e 17mila minori soli
Secondo gli ultimi dati forniti dal Viminale, negli ultimi dodici mesi, 155.751 persone hanno raggiunto le coste italiane, in crescita del 50% rispetto al 2022. Il picco degli arrivi lo scorso agosto, con quasi 26mila migranti giunti in un mese e l’hot spot di Lampedusa sull’orlo del collasso. Nei giorni di massimo afflusso il centro di Contrada Imbriacola è arrivato a ospitare fino a 7mila persone a fronte di appena 400 posti disponibili.
I minori stranieri non accompagnati giunti in Italia sono stati quasi 17.300, in crescita rispetto ai 14mila del 2022 e ai 10mila del 2021. Guardando alle nazionalità di chi è giunto in Italia, la Tunisia è seconda solo alla Guinea, seguiti da Costa d’Avorio, Bangladesh, Egitto, Siria, Burkina Faso, Pakistan, Mali e Sudan
Le cause: l’instabilità in Africa
L’aumento dei migranti giunti sulla Penisola è un sintomo dell’instabilità che attraversa l’Africa, in testa la Tunisia, che nel 2023 ha sostituito la Libia come principale hub di partenza, diventando uno snodo di transito cruciale per la rotta che attraversa l’Africa Sub-Sahariana, a cui si somma il flusso di chi fugge dal Paese nordafricano, stretto tra crisi economica e repressione politica. Un fatto che mette in dubbio l’efficacia del memorandum d’intesa tra l’Unione europea e il presidente tunisino Kais Saied siglato lo scorso luglio.
Tunisi del resto non è un caso isolato. Tutta la regione è attraversata da crisi pronte a deflagrare. Basti pensare che solo negli ultimi tre anni il Sahel ha registrato otto colpi di Stato. Il golpe militare che il 30 agosto ha deposto il presidente del Gabon, Ali Bongo Ondimba, appena rieletto per un terzo mandato, è arrivato un mese dopo il putsch in Niger e si aggiunge a quelli che dal 2020 a oggi hanno minato il processo democratico in Mali, Guinea, Burkina Faso e Ciad.
Strage in mare: nel 2023 quasi 2.300 morti (+60%)
Nel 2023 quasi 2.300 persone hanno perso la vita tentando la traversata lungo la rotta marittima più mortale al mondo. Il numero più alto registrato dal 2017. Lo scorso anno erano state 1.413. “Ancora una volta ribadiamo che quella degli arrivi via mare non è un’emergenza numerica, ma umanitaria”, ha scritto su X Flavio di Giacomo, portavoce dell’Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Oim.
“I ritardi nei soccorsi operati dagli Stati e il calo delle operazioni delle Ong lungo la rotta del Mediterraneo centrale sono stati fattori importanti che hanno causato un numero più alto di vittime”, ha commentato in una nota l’agenzia delle Nazioni Unite.
L’ultima tragedia lo scorso 16 dicembre, due giorni prima della Giornata internazionale del migrante, con il naufragio di un barcone al largo delle coste libiche. Sono morte 61 persone. Il 2023 verrà ricordato anche come l’anno in cui si è consumato uno dei disastri più gravi mai avvenuti nel Mediterraneo. Lo scorso giugno un peschereccio si è rovesciato prima di affondare al largo delle coste della Grecia. Bilancio: almeno 86 morti e 510 dispersi.
Dal 2014 secondo il Progetto Missing Migrants Scomparsi dell’Oim, oltre 28.300 tra uomini, donne e bambini hanno perso la vita nel Mediterraneo.
Sequestrata la nave Ocean Viking di Sos Mediterranee
In serata la notizia dell’ultimo sequestro di una nave umanitaria. Dopo essere arrivata nel porto di Bari con 244 naufraghi a bordo, la Ocean Viking di Sos Mediterranee è stata sottoposta a fermo amministrativo per aver deviato dal proprio tragitto, in violazione del cosiddetto decreto Piantedosi, che vieta i “soccorsi multipli”.
“Una legge ingiusta, che punisce i soccorritori umanitari per aver svolto quel lavoro che gli Stati non riescono a fare nel Mediterraneo”, ha scritto su X la stessa Ong, ricordando che si tratta del secondo sequestro subìto dalla nave dopo quello del luglio scorso a Civitavecchia. Il “decreto legge è l’ennesimo tentativo di ostacolare l’assistenza alle persone in pericolo. È stato concepito per tenere le navi che fanno ricerca e soccorso fuori dal Mediterraneo per lunghi periodi, il che produce altre morti in mare”.
L’accusa contestata alla nave norvegese, ha spiegato Sos Mediteranee in un comunicato, è di non aver rispettato l’ordine di “dirigersi senza indugi, alla massima velocità e seguendo una rotta diretta” verso il porto sicuro assegnato per lo sbarco dei migranti. “Siamo fermi per aver effettuato una minima deviazione nella rotta verso Bari, una deviazione che non ha causato alcun ritardo su un viaggio di quasi tre giorni”.
Un cambio di rotta deciso dopo aver ricevuto la segnalazione di un barcone in difficoltà. Nei fatti il soccorso non c’è stato. Una volta aggiornata la posizione da cui era partito l’sos (60 miglia nautiche più a nord) infatti “la Ocean Viking, non essendo più in grado di prestare assistenza, ha immediatamente ripreso la rotta verso il porto” pugliese.