Le misure contenute nel decreto del ministero dell’Interno sui migranti vìolano il diritto comunitario. E così tre tunisini escono dal centro per il rimpatrio di Pozzallo. A deciderlo è stato il tribunale di Catania, che ha ritenuto illegittimi il trattenimento dei richiedenti asilo provenienti dai cosiddetti Paesi sicuri, in attesa dell’esito della procedura di frontiera accelerata, e la relativa cauzione di 5mila euro per rimanere in libertà.
Secondo la giudice Iolanda Apostolico, la toga che ha accolto il ricorso di un migrante di origini tunisine sbarcato il 20 settembre a Lampedusa e portato nel nuovo centro del Ragusano, le disposizioni del governo confliggono con la direttiva europea del 2013 oltre a non essere in linea con i princìpi costituzionali. La mancata convalida di trattenimento arriva appena cinque giorni dopo l’inaugurazione della struttura a Pozzallo, la prima destinata a ospitare le persone sottoposte alla procedura di frontiera accelerata.
Come ha spiegato l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), il tribunale di Catania ha ritenuto illegittimo trattenere chi chiede protezione internazionale in Italia senza effettuare una valutazione su base individuale. Allo stesso modo è stata considerata illegittima la garanzia economica come alternativa alla detenzione.
Secondo la Giudice inoltre, le norme sulla detenzione dei richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri sono in contrasto con l’articolo 10 comma 3 della Costituzione italiana che garantisce comunque il diritto d’ingresso del richiedente asilo.
Scontro fra governo e magistrati
La decisione ha innescato subito la polemica tra i partiti della maggioranza di governo e la magistratura, mentre il Viminale ha già annunciato ricorso.
“Serve una profonda riforma della giustizia“, scrive sul social X il vice premier Matteo Salvini, mentre i capigruppo di Camera e Senato della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, osservano: “Tunisino liberato a tempo di record. Stupisce che la giustizia italiana di fronte al solito ricorso di un immigrato ritrovi velocità e scatto che gli italiani invocano da anni”.
La deputata di Fratelli d’Italia Sara Kelany, responsabile del dipartimento immigrazione del partito, bolla invece come “politiche e ideologiche” la decisione dei giudici. “Spiace dover constatare come ancora una volta si pieghi il diritto all’ideologia”.
Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia difende la decisione del tribunale. “Noi non partecipano all’indirizzo politico e governativo, facciamo giurisdizione. È fisiologico che ci possano essere provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi di governo. E questo non deve essere vissuto come una interferenza, questa è la democrazia“.
Il Viminale: pronto il ricorso
A disporre il trattenimento del gruppo di tunisini arrivato lo scorso 20 settembre a Lampedusa era stato, come da prassi, il questore di Ragusa, in attesa della decisione del giudice, il quale però poi non ha convalidato il provvedimento. La vicenda rischia di mettere in discussione, stando ai rilievi del giudice, i recenti provvedimenti del governo e lo stesso decreto Cutro.
Il ricorso del ministero dell’Interno sottoporrà al vaglio di un altro giudice la fondatezza dei richiami giuridici contenuti nei provvedimenti. Fonti vicine al dossier migranti sottolineano che “la procedura accelerata di frontiera è uno degli aspetti che, già contenuto nella direttiva europea 2013, trova oggi l’unanime consenso dei Paesi europei nell’ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo e che il governo italiano ha disciplinato nel decreto Cutro“.
Resta da capire ora, dopo il provvedimento della giudice di Catania, quali saranno le decisioni dei giudici, anche di altri tribunali, alle prossime richieste di convalida di trattenimento. Nuovi centri come quello inaugurato a Pozzallo sono già in allestimento.
Opposizione all’attacco
Immediata la reazione delle opposizioni. A cominciare da +Europa, che aveva previsto la bocciatura del decreto richiamando il precedente dell’Ungheria, condannata nel 2020 dalla Corte europea di giustizia per un provvedimento simile. “La pronuncia del tribunale di Catania è un colpo pesante per la credibilità e l’azione del governo”, dice il segretario Riccardo Magi.
“È significativo che il tribunale disapplichi la norma italiana perché non conforme con la direttiva europea che il ministro Piantedosi aveva usato retoricamente come copertura per le nuove norme. E il tribunale ha rilevato un contrasto con la normativa europea su tutta la linea: dall’uso generalizzato del trattenimento al fatto che la mancanza di risorse economiche o la mera provenienza da un cosiddetto ‘Paese sicuro’ non può giustificare di per sé il trattenimento”.
Critiche anche dal Partito democratico. La decisione del tribunale “è la dimostrazione che il decreto voluto dal governo è semplicemente illegittimo e inapplicabile”, dice il deputato dem Matteo Mauri.
“Quando la propaganda va al governo inevitabilmente non può che produrre danni e figuracce internazionali. L’incapacità conclamata di gestire l’accoglienza, il desiderio irrefrenabile di apparire come gli sceriffi del mare e l’isolamento rispetto ai principali Paesi europei mettono l’Italia in una situazione che non si merita che fa male al nostro Paese“.
Secondo il Movimento 5 stelle, “la decisione della giudice di Catania conclama un nuovo, l’ennesimo, fallimento del governo Meloni nella gestione dell’immigrazione. Anche la norma sui tanto sbandierati centri per le espulsioni accelerate si rivela un buco nell’acqua. Noi lo avevamo già detto. È l’ennesima volta che il governo partorisce norme che già a pochi giorni dalla loro adozione manifestano la propria inefficacia”, dice il deputato del M5s Alfonso Colucci. “Con la propaganda ed il dilettantismo non si governa”.
Sulla stessa linea l’Alleanza Verdi Sinistra. La mancata convalida da parte dei giudici “conferma che l’ultimo decreto del governo sul trattenimento e sulla cauzione dei migranti non solo è ingiusto, irragionevole e inutile, ma è anche contro la legge”, commenta il segretario di Sinistra Italiana e deputato di Avs Nicola Fratoianni. “Questo è quello che succede quando al posto del governo c’è la propaganda. Una pessima propaganda”.
Il precedente dell’Ungheria
Nel 2020 la Corte di Giustizia europea aveva condannato due volte l’Ungheria per il mancato rispetto delle regole sull’asilo e per i rimpatri illegali, bocciando una legge adottata dal governo di Viktor Orban nel 2015 come risposta alla crisi migratoria longo la rotta balcanica. Il provvedimento prevedeva l’istituzione di zone “cuscinetto” di transito al confine serbo-ungherese, dove le persone venivano trattenute in attesa della valutazione delle richieste di asilo.
Secondo i giudici, Budapest in particolare aveva violato il diritto comunitario per “la limitazione dell’accesso alla procedura di protezione internazionale, il trattenimento irregolare dei richiedenti in zone di transito nonché la riconduzione in una zona frontaliera di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, senza rispettare le garanzie della procedura di rimpatrio”.
Una sentenza arrivata dopo il ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione Ue.