Mentre sono state identificate tutte le 21 vittime dell’incidente avvenuto martedì scorso a Mestre, dove un pullman turistico è precipitato da un cavalcavia, si continua a lavorare sulle possibili cause. Le ipotesi sul tavolo della procura di Venezia, che indaga per omicidio plurimo stradale contro ignoti, restano tre: un malore o un colpo di sonno dell’autista, tra le vittime dello schianto, una manovra azzardata oppure un guasto del mezzo, in circolazione da neppure un anno .
Le indagini sull’incidente
La tesi di un malore resta la più accreditata. Lo dimostrerebbero le immagini riprese dalle telecamere, su cui al momento si concentrano le indagini degli inquirenti. Un video mostra gli istanti prima dello schianto: si vede il bus affiancarne un altro, presumibilmente fermo al semaforo che immette a sinistra verso Marghera. Subito dopo il mezzo si piega e cade.
Come ha confermato la procura, il bus elettrico non ha urtato altri veicoli prima del tragico volo e non ha lasciato segni di frenata sull’asfalto. Resta dunque tutta da chiarire la dinamica della tragedia che ha visto il mezzo precipitare dal cavalcavia, dopo aver divelto il guardrail, e pretendere fuoco con l’impatto.
Secondo i colleghi, l’autista era un “conducente esperto”, con sette anni di esperienza sui pullman. È stata anche acquisita la ‘scatola nera’ del mezzo “che sarà esaminata solo quando si saprà che non è un’operazione irripetibile. Altrimenti aspetteremo lo sviluppo dell’inchiesta, affinché tutte le parti coinvolte possano avere le perizie”, ha spiegato il capo della procura di Venezia Bruno Cherchi.
“Sembrerebbe che il pullman si sia accostato al guardrail, lo abbia affiancato per una cinquantina di metri, poi ci sia stata un’ulteriore sterzata quindi l’appoggio verso destra e la caduta. Non risulta che ci sia stato un incendio nel senso tecnico del termine, c’è stata una fuoriuscita di gas dalle batterie” del bus elettrico. “Su queste stiamo facendo accertamenti“, ha spiegato il magistrato.
Le 21 vittime di Mestre: tra loro due bambini
A eccezione di Alberto Rizzotto, l’autista 40enne originario di Conegliano (Treviso), sono tutti cittadini stranieri le altre vittime che viaggiavano a bordo del bus usato come navetta per i clienti di un campeggio della zona: nove ucraini, quattro rumeni, tre tedeschi, due portoghesi, un croato, un sudafricano. Tra loro ci sono anche un bambino di 18 mesi e una ragazzina di 11 anni.
Sono stati identificati anche 13 dei 15 feriti. Si tratta di cinque ucraini, quattro tedeschi, due spagnoli, un croato e un francese. Sono ancora in corso invece gli accertamenti su una cittadina ucraina e un tedesco. Fonti sanitari fanno sapere che sono in miglioramento le condizioni di alcuni dei feriti più gravi.
I nodi da sciogliere
Sul fatto che non sia stata la velocità su quel rettilineo la causa dell’incidente concordano tutti e lo confermano i testimoni. Il bus viaggiava lentamente a causa del traffico su un tratto di strada interessato da lavori di ammodernamento e di uno svincolo che porta a rallentare.
Restano due invece i nodi che la procura vuole sciogliere: oltre alla barriera di protezione, sotto esame sono anche le batterie al litio del mezzo elettrico. Gli esperti assicurano che sono sicure, prive di gas, e contengono “liquidi di raffreddamento che lavorano a una temperatura controllata”.
“A un primo sguardo la barriera che costeggia la strada comunale porta i segni del tempo, tanto che sono in corso investimenti ingenti per garantire la sicurezza su quel tratto di strada, ma è tutto da dimostrare che abbia un ruolo in quanto accaduto”, fanno sapere dalla procura.
La polemica sul guardrail
A far discutere in queste ore non a caso sono proprio le condizioni del guardrail. Un punto su cui è montata una polemica che vede al centro il Comune di Venezia.
Un’immagine satellitare del 2022 di Google Maps rimbalzata sui media mostra un tratto di guardrail mancante. L’assessore comunale ai Trasporti di Venezia Renato Boraso smentisce si tratti di un “buco” che avrebbe causato la caduta del bus: “Sono affermazioni inaccettabili quelle che ho letto. Quel buco è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario” risalente agli anni ’60. “Era a norma. È uno spazio previsto per le manutenzioni o per far accedere i soccorritori in caso di necessità”.
Quanto allo stato della barriera, l’assessore ammette che “quel guardrail è vetusto. Sapevamo di dover mettere in sicurezza il cavalcavia”. Per questo da circa un mese il Comune ha avviato dei lavori di rifacimento del cavalcavia, attualmente in pessimo stato e corroso dalla ruggine. Un progetto, del costo di oltre 6 milioni di euro, che prevede un nuovo guardrail e un nuovo parapetto, ha spiegato l’assessore Boraso.
L’accusa della società del bus: “Solo una ringhiera”
A puntare l’indice contro la barriera che non ha impedito al bus, per quanto pesante 13 tonnellate, di precipitare è la società di trasporto La Linea proprietaria del bus. “Purtroppo non è un guardrail ma una ringhiera”, è il commento amaro dell’amministratore delegato Massimo Fiorese. Non a caso, osserva, “mi sembra che lo stiano sostituendo e ci sono dei lavori in corso”.
Che quel guardrail possa aver avuto un ruolo nell’incidente ne è convinto anche il presidente dell’Asaps, l’associazione di amici e sostenitori della Polizia Stradale Giordano Biserni. “Parliamo di ipotesi ma da quello che abbiamo potuto accertare attraverso i nostri referenti, quello era un guardrail a unica onda alto un metro e mezzo e non il triplo, come sarebbe stato necessario per il contenimento di un veicolo che può raggiungere le 18 tonnellate. Un guardrail così può contenere un’auto ma un bus del genere è difficile”.
Salvini: “Elettrico prende fuoco facilmente. Riflettere”
Nel dibattito si è inserito anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini avanzando dubbi sulla sicurezza di veicoli elettrici. “Sentivo che alcuni vigili del fuoco parlavano del fatto che le batterie elettriche prendono fuoco più velocemente di altri tipi di alimentazione. Qualcuno dice che le batterie elettriche prendono fuoco più velocemente, io non so se sia così o no. Ma in un momento in cui qualcuno dice ‘tutto elettrico, solo elettrico’, forse uno spunto di riflessione bisogna trovarlo”, ha ai microfoni di Sky Tg24.
Affermazioni che hanno indignato molti, a cominciare dal Partito Democratico: “Sono sbigottito dalle parole di Salvini. Speculare sui 21 morti di Mestre per riesumare la sua battaglia contro l’elettrico è indecente e crudele, negando senza elementi cause legate alle manutenzioni delle infrastrutture di cui peraltro è ministro. Un avvoltoio, non un ministro“, ha attaccato sulla piattaforma X il deputato del Alessandro Zan, responsabile diritti umani del Pd.