Martedì, in Senato, il governo dovrà esprimere un voto definitivo sul merito della fiducia a Giuseppe Conte, ma i tentativi di trovare una maggioranza nella crisi nata dallo schieramento renziano non sembrano dare risultati.
Soprattutto dal momento che fonti interne a Italia Viva parlano di una crisi intestina, con deputati pronti ad abbandonare Renzi. Lo stesso partito, che con il ritiro di due ministre e del sottosegretario al governo, ha gettato benzina sul fuoco di un esecutivo già claudicante potrebbe avere problemi a fare una conta anche con se stesso.
Secondo la vicepresidente del Partito Democratico Debora Serracchiani, i dem sarebbero “preoccupati per il Paese perché aprire una crisi al buio, come ha fatto Matteo Renzi con il suo partito, è incomprensibile per gli italiani e per tutti”. Il problema, però, non sembra essere stato il leader di Italia Viva “con il suo partito”, ma solo Matteo Renzi a dare fuoco alle polveri.
Secondo le stesse fonti interne a Iv, infatti, diversi i deputati renziani non sarebbero così fiduciosi nei modi e nei termini utilizzati da Renzi. Il rischio di una deflagrazione dei gruppi parlamentari è stata evitata per un soffio dopo che il leader Iv sarebbe stato “convinto” ad abbandonare il voto contrario in favore di una più morbida astensione.
L’astensione permetterebbe infatti a Italia Viva di aprire un dialogo con gli altri schieramenti su un esecutivo di unità, al quale parrebbe non esserci alternativa. Non solo, perché nonostante la sfiducia nei modi, i renziani restano fedeli al proprio leader, il cui ruolo politico verrebbe altrimenti spazzato via da una chiusura al colloquio.
Così Renzi si sarebbe convinto all’astensione, anche a vantaggio del Pd che, diversamente, e nel caso in cui Conte riuscisse a trovare i voti favorevoli, si troverebbe a governare con una insostenibile maggioranza. Proprio il vicesegretario dem, Andrea Orlando, in un post Facebook, ha chiarito la volontà del partito: “Il modo in cui il Pd ha affrontato il Recovery dimostra che si possono ottenere risultati senza fuochi d’artificio. Demolire la casa perché non ti piace la tappezzeria è una risposta sproporzionata e folle. Dopo la fiducia serve un patto di legislatura”.
Ma su Twitter, Renzi ha sottolineato: “Il giorno in cui avrò paura di dire ciò che penso o rinuncerò a una sfida in nome della convenienza, vorrà dire che non sono più io e non sono più pronto all’agone politico“.
Oltre ai numeri della fiducia, in queste ore è in corso la formazione del gruppo dei responsabili, o costruttori. Pronti a soccorrere il governo Conte “al momento opportuno” secondo il sindaco di Benevento, Clemente Mastella.
Sulla caccia aperta ai responsabili, però, è intervenuto il leader di Azione, Carlo Calenda. Su Twitter il candidato sindaco di Roma ha scritto: “Ho avuto l’onore di una telefonata del simpatico Clemente. Una roba tipo tu appoggi Conte e il Pd appoggia te a Roma. Scarsa capacità di valutare il carattere degli uomini. O quanto meno il mio“. A corredo, l’hashtag #costruttori del nulla.
Calenda, in un tweet successivo rincara la dose: “Considero questa offerta un insulto personale e un dato politico rilevante per capire il quadro di degrado in cui versiamo”, salvo poi chiarire: “Ps: non ho motivo di pensare che il Pd fosse a conoscenza di quanto detto“.
Ovviamente, l’accusa non poteva rimanere sospesa e Mastella ben presto ha risposto: “Ti ho telefonato per chiederti cosa facevi e mi hai detto che eri contro Renzi. Allora sei per il Pd? No, mi hai risposto: ‘il Pd mi dovrà scegliere per forza come candidato sindaco’. Poi hai aggiunto: ‘ne parlo’. Quanto a me, non ho alcuna titolarità per parlare a nome del Pd. Sei rimasto quello che conoscevo all’epoca del Cis di Nola, che era il referente per le segnalazioni. Ruolo modesto, perché sei moralmente modesto“.
Sulla questione è intervenuta anche la sezione romana del Pd che si dice “totalmente estraneo allo scambio di messaggi, con supposte proposte sul sindaco di Roma, tra Calenda e Mastella“, aggiungendo che “la prossima candidata sindaca o sindaco vogliamo sceglierlo insieme alle romane e ai romani, come abbiamo sempre fatto. In queste ore il Paese ha bisogno di risposte, non di polemiche“.
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