I risultati dell’assemblea costituente indicano che il M5S andrà presto incontro a dei cambiamenti importanti, rinunciando anche ad alcuni dei suoi “pilastri”
Quel poco che restava della primissima versione del Movimento 5 Stelle, quella più vicina alla visione originale di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, è stato spazzato via dai risultati dell’ultima assemblea costituente. Nel corso degli anni la forza politica era già diventata pressoché irriconoscibile (anche a causa dei tanti “no” iniziali diventati “sì” per necessità), ma solo ora la metamorfosi appare davvero completa. Gli iscritti hanno deciso che è arrivato il momento di voltare pagina e di rinunciare a due pilastri che finora non erano mai stati toccati in modo così significativo: la regola del doppio mandato e la figura del Garante.
Addio al limite del doppio mandato
Due mandati bastano e avanzano? Secondo il 72,08% degli iscritti al Movimento 5 Stelle la risposta alla domanda è “no” o perlomeno “non sempre”. La volontà di superare questo limite è evidente (solo il 25,40% dei votanti avrebbe preferito mantenerlo), ma ci sono dei dubbi sulle modalità da seguire per farlo e servirà un altro voto dell’assemblea per definirle con chiarezza. Le opzioni prese in considerazione dagli iscritti sono molteplici, ma la più gettonata (con il 79,29% delle preferenze) riguarda la possibilità di concedere una deroga per la candidatura a sindaco o a presidente di regione. Un’altra possibile soluzione (presa in considerazione dal 74,96%) coinvolgerebbe l’assemblea, che dovrebbe di volta in volta esprimersi sul superamento del limite dei due mandati con una votazione. Il 70,61% degli iscritti sarebbe anche favorevole a concedere a chiunque la possibilità di ricandidarsi dopo una pausa di cinque anni.
Il superamento del limite dei due mandati potrebbe consentire a tanti nomi importanti del Movimento 5 Stelle di tornare in Parlamento. Tra questi vale la pena citare gli ex ministri Alfonso Bonafede e Fabiana Dadone, oltre agli ex senatori Andrea Cioffi e Paola Taverna.
Il M5S non ha più bisogno di Beppe Grillo?
Se già l’addio al limite del doppio mandato rappresenta un cambio di rotta significativo, la scelta di fare a meno della figura del Garante ha delle implicazioni ancora più rilevanti. Perché finora quel ruolo era sempre stato ricoperto da Beppe Grillo e cancellarlo significa staccare una volta per tutte il cordone ombelicale che teneva legato il Movimento 5 Stelle al suo cofondatore. Si è espresso a favore di questa separazione il 63,24% degli iscritti, segno che la base potrebbe aver mal digerito la scelta del comico genovese di opporsi alla volontà di Conte di indire un’assemblea costituente pensata per mettere in discussione ogni aspetto del M5S.
Secondo quanto dichiarato da Rocco Casalino, storico spin doctor della comunicazione della forza politica, Grillo non può in alcun modo opporsi ai risultati del voto. Per il 14,82% dei votanti si potrebbe fare del tutto a meno della figura del Garante, evitando quindi di affidare ad un altro organo le sue competenze, ma si tratta di una minoranza rispetto a chi vorrebbe concederle al Comitato di Garanzia (37,47%) o a un organo collegiale appositamente eletto (39,10%).
Via libera alle alleanze politiche?
Per quanto riguarda le alleanze politiche (che a onore del vero non sono mancate nel corso della storia del Movimento 5 Stelle, anche quando sembravano contrarie allo spirito con il quale era nata la forza politica), l’81,20% dei votanti si è detto contrario all’idea di vietarle. Tuttavia gli iscritti hanno messo in chiaro che dovranno esserci dei limiti da rispettare. Il 92,45% guarda con favore all’idea che le alleanze politiche siano condizionate a un accordo programmatico preciso. Elevata anche la percentuale di chi ritiene indispensabile la creazione di un documento che dichiari valori e punti programmatici non negoziabili (82,70%). Una fetta meno consistente (ma comunque non trascurabile) dei votanti ritiene che le alleanze dovrebbero essere condizionate alla ratifica della base degli iscritti (68,47%).
“Il Movimento 5 Stelle non è né di destra né di sinistra” è uno slogan ancora valido?
Per quanto riguarda il posizionamento politico del Movimento 5 Stelle, il 36,70% dei votanti ritiene che andrebbe collocato tra i “progressisti indipendenti”. Il 22,09% lo vede come “una forza progressista”, mentre solo l’11,53% lo ritiene un partito di sinistra. Il 26,24%, infine, ritiene che il M5S non debba aver nessun posizionamento.
Anche il ruolo del presidente del M5S cambia
Nel corso dell’assemblea costituente è stato chiesto alla base di esprimersi anche sul ruolo del presidente del M5S. Il 78,62% dei votanti ritiene che solo chi non è stato iscritto ad altri partiti politici nei dieci anni precedenti dovrebbe poter svolgere l’incarico. La quasi totalità degli iscritti (97,87%) chiede di “garantire pluralità e trasparenza nelle candidature al ruolo di presidente”. Per quanto riguarda l’eventuale compatibilità di questo ruolo con quelli di ministro, presidente del Consiglio o di una delle due camere, il 41,80% dei votanti si è detto favorevole, il 52,59% ha espresso la propria contrarietà e il 5,61% si è astenuto.