Mario Draghi comunicherà a Sergio Mattarella nella serata di giovedì la propria intenzione di dimettersi da Presidente del Consiglio. La decisione del premier dimissionario arriva dopo ore molto convulse, dal sì del Senato al Dl Aiuti (senza però il voto del M5s) alle prospettive che il Governo continuasse il suo percorso. I senatori pentastellati avevano infatti precisato che la loro iniziativa riguardava il singolo provvedimento, e non il sostegno all’esecutivo. Questo, però, non è bastato.
Dimissioni di Mario Draghi: le sue parole
Draghi ha motivato la sua decisione di lasciare Palazzo Chigi con un messaggio, al termine di un Consiglio dei Ministri lampo che di fatto ha inaugurato la crisi di governo. “Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia. Questa compattezza è stata fondamentale per affrontare le sfide di questi mesi. Queste condizioni oggi non ci sono più“, sono le sue parole.
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Il Governo ha posto la questione di fiducia sul decreto Aiuti, che è passato all’esame del Senato. Lo ha riferito in Aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Sono seguite le dichiarazioni di voto dei vari gruppi, con il Movimento 5 Stelle che ha confermato la propria astensione al voto sul provvedimento. Sì invece da parte della Lega. Mario Draghi si è recato al Quirinale da Sergio Mattarella, per poi tornare a Palazzo Chigi dopo un’ora di colloquio. Inizialmente il presidente del Consiglio si è preso il tempo necessario per riflettere sul da farsi, quindi è arrivato l’annuncio delle sue dimissioni.
Il protocollo del voto al Senato
“Presidente e onorevoli senatori, a nome del Governo e autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull’approvazione senza emendamenti né articoli aggiuntivi dell’articolo unico del disegno di legge numero 2668 di conversione decreto legge 17 maggio 2022 numero 50, nel testo approvato dalla Camera dei deputati“. Così il ministro per i Rapporti con il Parlamento, l’onorevole Federico D’Incà.
A Palazzo Madama è stata la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, a dare la parola al ministro D’Incà durante la seduta. “La presidenza prende atto della posizione della questione di fiducia sull’approvazione del disegno di legge di conversione del decreto legge numero 50 nel testo identico a quello approvato dalla Camera dei deputati“, ha dichiarato Casellati. Nonostante i numeri di fatto ancora garantiscano una maggioranza numerica al Governo, però, Mario Draghi ha già chiarito nei giorni scorsi che in tale evenienza avrebbe rassegnato le proprie dimissioni.
Il non voto del M5s: motivi e messaggio al Governo
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“Oggi non partecipiamo al voto di questo provvedimento, perché non ne condividiamo né parte del merito, né il metodo. Ma questa nostra posizione si sottrae alla logica della fiducia al Governo“. Lo ha detto la capogruppo del M5s al Senato Mariolina Castellone, in dichiarazione di voto sul Dl Aiuti. In altre parole, il Movimento 5 stelle si dice non a favore del decreto, ma assolutamente disposto a sostenere ancora la maggioranza Draghi.
“Dire che si indebolisce l’azione del Governo quando si sta cercando di indicare la linea politica è falso“, ha proseguito Castellone, confermando quindi la posizione del Movimento e la mancata fiducia sul provvedimento. “In questo decreto nessuna delle nostre proposte è stata accolta. Non ci è stato concesso di emendare il testo in alcun modo“, ha sottolineato l’esponente dei 5 Stelle.
L’esito del voto e il futuro del Governo
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Al termine del voto, la questione di fiducia che il Governo ha posto è in ogni caso passata. La presidente Casellati ha infatti ufficializzato i numeri del Senato: “Presenti 212, votanti 211, maggioranza 106, favorevoli 172, contrari 39, astenuti 0. Il Senato approva. Restano pertanto preclusi tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno riferiti al testo del Decreto legge“. Come da previsioni, i senatori del M5s erano assenti. Nessuno di loro ha votato la fiducia.
E ora? Esattamente come le altre volte, la decisione finale spetta a Sergio Mattarella. Nel caso in cui Mario Draghi “salisse al Colle” (andasse quindi al Quirinale) per dimettersi, solo il Presidente della Repubblica potrebbe decidere se andare effettivamente ad elezioni anticipate o sentire le Camere per provare a formare un nuovo Governo. Questo perché la ragione della crisi sarebbe extraparlamentare, permettendo quindi di interrogare deputati e senatori sulla possibilità di formare una nuova maggioranza che dia fiducia a un nuovo esecutivo.