Presidente della Repubblica, la pandemia manda in soffitta i catafalchi

Martedì 24 gennaio, a Montecitorio, si apriranno le votazioni per l’elezione del 13esimo Presidente della Repubblica italiana. Per la prima volta da trent’anni a questa parte, però, ci sarà una grande novità nell’Aula della Camera dei Deputati. Non ci saranno infatti i vecchi “catafalchi” di legno con tende di velluto pesante introdotti nel 1992 per garantire una maggiore riservatezza durante il voto.

Addio agli storici catafalchi: al loro posto delle cabine anti Covid

Prenderanno il loro posto delle nuove cabine anti Covid all’interno della quali sfileranno i 1009 grandi elettori cui spetta il compito di individuare il successore di Sergio Mattarella al Quirinale. Nuove saranno anche le modalità di voto: ci sarà un solo scrutinio al giorno, con appello nominale e per un massimo di 50 votanti alla volta. In totale, non potranno sostare all’interno dell’Aula più di 200 persone contemporaneamente.

Dimentichiamoci dunque le immagini del tipico “formicaio” di deputati e senatori che si muovono avanti e indietro per l’emiciclo fra i banchi del Governo e della presidente della Camera. Scordiamoci anche di vedere un grande elettore uscire dai catafalchi e fermarsi subito a confabulare con un capannello di colleghi a favore di telecamere, fotografi e cronisti parlamentari.

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La prima volta nel ’92 per l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro

Ma da dove nasce l’usanza dei catafalchi? Tutto ha inizio al tramonto della Prima Repubblica, il 21 maggio 1992, a una settimana dall’elezione di Oscar Luigi Scalfaro. Il radicale Marco Pannella lamenta alla presidenza che le procedure fino ad allora adottare non garantivano la totale segretezza del voto. Fino all’elezione di Francesco Cossiga nel 1985, infatti, i parlamentari ricevevano in anticipo le schede e potevano compilarle anche sostando in Aula.

A meno che un franco tiratore decidesse di “nascondersi” per fare uno sgarbo ai compagni di partito, il voto avveniva alla luce del sole. Dunque, ogni deputato o senatore poteva tranquillamente mostrare la propria preferenza ai suoi referenti politici, in barba alla segretezza. Basti pensare che, nel 1962, un fotografo riuscì a immortalare Aldo Moro mentre scriveva il nome di Antonio Segni sulla scheda.

L’immagine-simbolo del funerale della Prima Repubblica

Da qui l’idea di far transitare i grandi elettori attraverso queste strutture lignee, che hanno attirato fin da subito l’ironia degli addetti ai lavori e della stampa. I giornalisti dell’epoca hanno infatti iniziato a ribattezzarle con termini di scherno, come “sarcofagi” o “catafalchi”, appunto. Immagini che rimandano a quelle di un funerale, simbolo forse di una classe dirigente al tramonto, come ironizzò il repubblicano Oscar Mammì: “Un sistema in agonia aveva bisogno di un catafalco”.

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