Il governo guidato da Giorgia Meloni potrebbe trovarsi di fronte alla più grande battuta d’arresto dal suo insediamento. Ieri, giovedì 27 aprile, l’aula della Camera ha respinto la risoluzione di maggioranza che autorizza lo scostamento di bilancio per 3,4 miliardi nel 2023 e 4,5 miliardi nel 2024. Una débâcle dovuta soprattutto all’assenza di vari parlamentari dei partiti che compongono l’esecutivo (11 della Lega, 9 di Forza Italia e 5 di Fratelli d’Italia). La misura del governo ha ottenuto 195 voti a favore, 19 contrari e 105 astensioni: di fronte a questi numeri è facile capire come il voto di chi non era presente in aula avrebbe potuto cambiare la situazione.
Meloni: “Un brutto scivolone, che però non rappresenta un segnale politico”
Per correre ai ripari, il Consiglio dei ministri ha dovuto approvare in tempi record una nuova Relazione al Parlamento, confermando i saldi di finanza pubblica già riportati dal Documento di economia e finanza (Def) 2023. La nuova Relazione sottolinea le finalità di sostegno al lavoro e alle famiglie oggetto degli interventi programmati per il Cdm già fissato per il primo maggio. Oggi, venerdì 28 aprile 2023, la Camera esaminerà di nuovo il testo e si procederà a una seconda votazione. Stavolta la maggioranza dovrebbe poter contare sulla presenza di un numero maggiore di parlamentari, soprattutto dopo la “convocazione” avvenuta ieri sui gruppi WhatsApp dei parlamentari di Fratelli d’Italia: “Domani presenza obbligatoria dalle 10:00 fino alla fine dei lavori”.
Dal canto suo, Meloni avrebbe scritto “non ho parole” nella chat degli eletti del partito. Di fronte alle telecamere, la premier ha cercato di minimizzare, parlando di “un brutto scivolone che però non rappresenta un segnale politico”. Dal suo punto di vista, l’errore sarebbe avvenuto per un “eccesso di sicurezza”. “Ora si deve fare un’ulteriore considerazione sui parlamentari in missione, ma non ci vedo un problema politico. Il Def sarà approvato, manterremo i nostri impegni”.
Il parallelismo con le dimissioni di Berlusconi nel 2011
Tuttavia, su Twitter l’ex parlamentare Elio Vito ha fatto notare che in passato un simile incidente di percorso indusse Silvio Berlusconi a dimettersi dall’incarico di presidente del Consiglio nel 2011. In quel caso fu una votazione alla Camera sul Rendiconto generale dello Stato a mettere in luce la debolezza dell’esecutivo. Pur trionfando, con 308 voti favorevoli e 321 astensioni, Berlusconi si vide negata la maggioranza assoluta (315) e scelse di dare le dimissioni (che si concretizzarono dopo l’approvazione della legge di Stabilità 2012, avvenuta pochi giorni dopo).
La situazione è attuale della maggioranza è senz’altro paragonabile a quella affrontata dal quarto Governo guidato dal leader di Forza Italia, eppure Meloni non sembra intenzionata a seguire l’esempio del suo alleato e salire al Quirinale per discutere della situazione con Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica.