Ddl Nordio: arriva l’ok definitivo dalla Camera, le novità

Con 199 voti favorevoli e 102 contrari è arrivato l’ok definitivo della Camera al ddl Nordio, varato a febbraio dal Senato

Approvato definitivamente il ddl Nordio: la Camera ha dato il via libera con 199 voti favorevoli e 102 contrari al testo modificato dal Senato rispetto alla versione iniziale del Governo di giugno scorso.

Il ddl Giustizia, intitolato al Guardasigilli Carlo Nordio, abolisce il reato di abuso di ufficio e modifica le norme sulle intercettazioni.

Le modifiche coinvolgono il codice penale, il codice di procedura penale e aspetti dell’ordinamento giudiziario e militare. Il testo era stato approvato dal Senato a febbraio e ora, dopo l’ok della Camera, diventa legge. La nuova normativa entrerà in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Ecco le principali novità introdotte e i cambiamenti.

Il ddl Nordio abolisce il reato di abuso d’ufficio

Il ddl Nordio elimina il reato di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale. Questo reato si verifica quando un pubblico ufficiale, come un sindaco, sfrutta le sue funzioni per ottenere un vantaggio patrimoniale ingiusto per sé o per altri, o causa danno ad altri.

Ddl Nordio: arriva l'ok definitivo dalla Camera, le novità
Ddl Nordio: arriva l’ok definitivo dalla Camera, le novità – ANSA – Newsby.it

 

In pratica, è il reato di chi, in una posizione pubblica, abusa del proprio potere, con una pena prevista da 1 a 4 anni di reclusione. Molti sindaci avevano chiesto a gran voce l’abolizione di questa norma, poiché i suoi ampi margini avevano portato a numerose indagini contro amministratori locali, rendendoli riluttanti a firmare atti per timore di accuse di abuso d’ufficio.

Il ddl Nordio introduce anche importanti cambiamenti sulle intercettazioni: estende il divieto di acquisizione da parte della magistratura a tutte le comunicazioni tra imputato e difensore, oltre alla corrispondenza, salvo che non ci siano fondati motivi per considerarle corpo del reato.

Inoltre, il provvedimento obbliga l’autorità giudiziaria a interrompere immediatamente le intercettazioni per conversazioni vietate.

Una stretta riguarda soprattutto la circolazione e diffusione delle intercettazioni ai fini giornalistici: in particolare, ai professionisti dell’informazione viene vietata la pubblicazione anche parziale, del contenuto delle conversazioni intercettate in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. Vietato anche il rilascio di qualsiasi copia delle intercettazioni di cui è proibita la diffusione quando a richiederlo è una persona diversa dalle parti e dai loro legali.

Pubblici ministeri e giudici inoltre, dovranno stralciare da provvedimenti e brogliacci i riferimenti a terze persone o dati che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti indagate.

Il provvedimento interviene anche sull’art. 346-bis del codice penale che disciplina il reato di traffico di influenze illecite. La norma punisce con la detenzione fino a 4 anni “chiunque sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”.

Con un emendamento della Lega, approvato dalla II Commissione di Palazzo Madama, si stabilisce che sarà punito, con una pena minima di un anno e sei mesi (non più uno solo), chiunque “utilizza intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti”. Salta dunque, il riferimento alle azioni di “sfruttare o vantare”, limitando il reato a condotte particolarmente gravi.

Il ddl interviene in materia di misure cautelari, istituendo l’interrogatorio preventivo per chi è sottoposto a indagini preliminari  che dovrà essere “documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità”.

Per quando riguarda invece, l’adozione dell’ordinanza di custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari, la norma prevede che la decisione sia sottoposta a “un organo collegiale”: non sarà più il magistrato a decidere dunque, ma un collegio composto da tre giudici.

Altre modifiche riguardano invece, l‘ordinamento giudiziario, in particolare i criteri di assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il limite di età (65 anni) previsto per i giudici popolari e circoscritto al momento della convocazione, e infine, l’aumento delle toghe da destinare alle funzioni giudicanti.

In ultimo, la nuova normativa esclude per i pm e per l’accusa il potere di ricorrere in appello contro le sentenze di proscioglimento per i cosiddetti reati di “gravità contenuta” (articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p).

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