Giuseppe Conte vuole prendere tempo: “Lavoriamo per evitare un lockdown generalizzato” perché “avrebbe costi troppo elevati”, dice in un’intervista alla Stampa. Ed è proprio con questo obiettivo che Palazzo Chigi e il Ministero della Salute hanno costruito il meccanismo che ha diviso l’Italia in tre fasce. Ma i numeri dell’epidemia costringono il governo a interrogarsi. Come impedire gli assembramenti che consentono al virus di continuare a correre?
Il presidente del Consiglio non vuole cambiare ancora una volta strategia, anche per non alimentare i sospetti che l’esecutivo insegua il Covid 19 invece che anticiparlo. Naturalmente Conte spera che i (debolissimi) segnali di frenata si rafforzino, ma non esclude che il numero dei contagiati e dei morti e lo stress della rete ospedaliera lo costringano a ridiscutere tutto da qui al prossimo finesettimana.
Ecco allora che nel governo si fa largo una nuova strada per tenere la curva sotto controllo senza smentire l’ultimo dpcm: arrivare nel weekend con l’Italia “chiusa” per Covid, con un piano scandito dalle ordinanze del ministro della Salute, dei presidenti di Regione e dei sindaci per bloccare il più possibile la mobilità. Un lockdown “leggero”, quello previsto da Conte e dagli altri ministri. Che consentirebbe alle imprese, alle fabbriche e alle professioni di andare avanti, ma chiuderebbe bar e ristoranti su quasi tutto il territorio nazionale, limitando il più possibile gli esercizi commerciali.
Si fa strada in Conte e nel governo una nuova strategia di un lockdown (quasi) totale
Allo studio, oltre alla chiusura di alcune tipologie di negozi che avevano ottenuto una deroga nelle zone rosse: rimarrebbero aperti solo alimentari, farmacie, parafarmacie, edicole e tabaccai. La data cruciale resta il 15 novembre. In conseguenza delle norme contenute nel dpcm oppure grazie ai provvedimenti assunti dai presidenti di Regione, per domenica prossima il governo prevede che i tre quarti almeno delle regioni siano in fascia arancione o rossa.
Il segnale dell’urgenza lo ha dato il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, quando ha lanciato l’allarme sulle “gialle” Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania. Quattro regioni dove è “opportuno che siano anticipate le misure più restrittive”. Per tutta la giornata Speranza e Boccia hanno incalzato Bonaccini, Fedriga, Zaia e De Luca, per convincerli a far scattare oggi stesso chiusure rigide. E loro hanno recepito il messaggio: “Con un indice Rt sopra 1,5 basta un niente e ci si ritrova in zona rossa”.
Per evitare assembramenti i sindaci possono infatti agire sulla base del dpcm, che affida loro il potere di chiudere intere aree di città e paesi. Il testo prevede che si debba garantire “l’accesso a negozi e abitazioni”, ma l’ipotesi esplorata in queste ore è lasciare il passaggio solo verso le case private.