Non si è ancora conclusa la ricerca, da parte del centrodestra, del candidato sindaco adatto per le città al voto alle prossime elezioni comunali Manca, infatti, ancora Bologna all’appello. Certo, dopo mesi di tira e molla su Milano e dopo che a Napoli tutto rischiava di andare in fumo a un chilometro dall’arrivo, i leader di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia possono tirare un sospiro di sollievo.
Pare tuttavia un’anomalia che i partiti con la maggioranza assoluta delle preferenze degli elettori italiani, secondo i sondaggi, abbiano faticato ad esprimere un candidato che li potesse rappresentare. Anche perché il voto previsto tra il 15 settembre e il 15 ottobre riguarda le principali città italiane, Roma compresa. O forse proprio dalla Capitale bisogna partire per capire cosa è successo.
In principio fu la voce di Giorgia Meloni candidata sindaca di Roma: vittoria sicura o rischio scottatura? Quello che è certo è che quando Salvini, Meloni e Tajani ne hanno parlato sembravano essersi trovati d’accordo sulla “spartizione” dele candidature: Roma a FdI, Milano alla Lega e Napoli a Fi.
Troppo rischioso, però, in una situazione di estrema mobilità politica nel centrodestra. La Lega in lieve calo ma sempre forte nei sondaggi. Fratelli d’Italia in crescita. Forza Italia in statico immobilismo che nasconde sommovimenti interni, vedi cosa è successo con Toti e Carfagna.
E allora, se i partiti devono fare un passo di lato, meglio convergere su un candidato civico per risolvere il problema. E, invece, è stato l’inizio dei dolori per il centrodestra, con distinguo e divisioni all’ordine del giorno.
A Roma la decisione è andata sul sul tandem Enrico Michetti e Simonetta Matone. Sono due volti noti, l’uno per la presenza in radio, l’altra una magistrata spesso ospite in televisione. Ma per arrivarci nel centrodestra si è trattato a oltranza, con Lega e Fi più vicini a Matone e FdI a Michetti.
Senza scordare il tira e molla di settimane con l’ipotetica candidatura di Guido Bertolaso, poi sfumata. O il manager Andrea Abodi e il capo della Croce Rossa Francesco Rocca, poi scomparsi dai riflettori.
A Napoli le cose sembravano andar meglio. La convergenza sul nome del magistrato anticamorra Catello Maresca era stata rapida. Il problema è che i candidati civici rispondono meglio al voto in una fase di forte disillusione politica. Ma spesso sono meno permeabili alle logiche di partito. E così, a mettersi di traverso stavolta è stata Forza Italia, rischiando di far saltare il banco vicino al traguardo.
La situazione a Milano è ancora più emblematica. Certo, Beppe Sala, il sindaco del Partito democratico, non è un avversario semplice da battere alle elezioni. Milano resta, tuttavia, il capoluogo di una Regione che da più di vent’anni è amministrata dal centrodestra.
Eppure sono emerse difficoltà fino a ieri, quando finalmente la scelta è caduta sul pediatra del Fatebenefratelli, Luca Bernardo. Sono circolati diversi nomi prima della sintesi. Il dirigente del gruppo Pellegrini, Roberto Rasia dal Polo, i docenti universitari Paolo Veronesi e Maurizio Dall’Occhio. Infine Simone Crolla, consigliere della Camera di Commercio americana in Italia.
Mentre la vicenda dell’ex sindaco di Forza Italia Gabriele Albertini stava diventando una telenovela come con Bertolaso. Alla fine dovrebbe fare il vicesindaco, a quanto pare. Bruciato immediatamente, invece, il nome di Maurizio Lupi.
Sicuramente a Roma ha influito il gioco di potere tra Fratelli d’Italia e Lega. Che, tra l’altro, si trovano l’uno all’opposizione e l’altro al governo con Draghi. E i flussi elettorali registrano un “travaso” verso Meloni di elettori scontenti per la svolta “governista” di Salvini.
A Milano, invece, a non rendere le cose facili nel centrodestra sono stati gli ultimi mesi di pandemia. L’emergenza Covid e la gestione non impeccabile del leghista Fontana hanno portato al Pirellone come assessora alla Salute Letizia Moratti. Un nome di peso di Forza Italia, che da alcuni osservatori è stato letto come una sorta di “commissariamento” della giunta e un’Opa del partito di Berlusconi sulle prossime elezioni comunali.
Ecco perché Salvini, indebolito a Palazzo Lombardia, non ha ceduto sui candidati civici e ha fatto muro ai nomi provenienti dall’area Forza Italia per amministrare la città della Madonnina, con sintesi, in extremis su Albertini. Magari per incoraggiare l’idea di partito unico con Forza Italia.
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