Mario Draghi anticipa i temi del suo rapporto sulla competitività per la Commissione dell’UE: “Proporrò un cambiamento radicale”
Il percorso verso la definizione delle priorità della competitività europea è pronto a prendere il via, con due importanti rapporti da elaborare e un’agenda strategica da delineare.
Enrico Letta guiderà questo inizio con il suo rapporto sul futuro del Mercato unico, ma il punto di svolta sarà rappresentato da un altro ex-premier italiano, Mario Draghi, e la sua relazione sul futuro della competitività europea.
Per la prima volta dall’assegnazione dell’incarico da parte della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, è stato Draghi a delineare le direttrici del suo lavoro.
Lavoro che non mira a competere con il testo che sarà presentato al Consiglio Europeo straordinario in programma il 17 e il 18 aprile, ma piuttosto si inserisce in una logica di continuità, influenzando il capitolo dedicato delle conclusioni del vertice dei leader dell’Unione Europea.
Si tratta di un momento cruciale per l’Unione Europea, in cui si definiranno le strategie per affrontare le sfide della competitività in un contesto globale sempre più complesso. La leadership di figure di spicco come Letta e Draghi promette di guidare l’Unione verso un futuro più resiliente e prospero.
La questione della competitività europea
Per lungo tempo, la questione della competitività è stata oggetto di dibattito in Europa. Tuttavia, l’ex-primo ministro italiano ha sottolineato oggi, durante la Conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali, un punto cruciale: abbiamo concentrato erroneamente la nostra attenzione su noi stessi come concorrenti, trascurando nel contempo una visione più ampia verso l’esterno.
Abbiamo confidato nell’idea di un campo di gioco equo e in un ordine internazionale basato sulle regole, aspettandoci che anche gli altri adottassero la stessa prospettiva. Tuttavia, il mondo sta evolvendo rapidamente e ciò ci ha colti di sorpresa.
Attori di rilievo come gli Stati Uniti e la Cina stanno attivamente elaborando politiche per rafforzare la propria competitività e indirizzare gli investimenti a loro vantaggio, a scapito dei nostri interessi.
Mentre Pechino mira a dominare e internalizzare l’intera catena di approvvigionamento nelle tecnologie green e avanzate, Washington utilizza politiche industriali su vasta scala per attrarre capacità manifatturiere di alto livello nel proprio territorio.
D’altro canto, l’Unione Europea non ha mai sviluppato un patto industriale equivalente e manca di una strategia complessiva per rispondere in vari ambiti, dalla corsa ai ritardi tecnologici alla protezione dell’industria tradizionale, causata da disuguaglianze a livello regolamentare, commerciale e di sussidi, fino alle aspirazioni di ridurre le dipendenze strategiche, come quelle legate alle materie prime critiche e alle batterie.
Ed ecco che qui entrano in gioco i due ex-primi ministri italiani, che culminerà con la presentazione della relazione di Draghi sul futuro della competitività europea: “Abbiamo bisogno di un’Unione Europea pronta a fronteggiare le sfide odierne e future. Quello che propongo è un cambiamento radicale, indispensabile per il nostro futuro”, ha dichiarato Draghi.
In un contesto caratterizzato da continui cambiamenti, l’Unione deve stabilire delle priorità e agire prontamente nei settori più esposti alle sfide green, digitali e di sicurezza.
Questo è l’invito di Draghi, che ha anticipato i principali elementi del suo rapporto concentrandosi su dieci macro-settori dell’economia europea, ciascuno dei quali richiede specifiche riforme e strumenti, ma con tre linee guida fondamentali.
Sicuramente è cruciale garantire la scalabilità delle imprese europee, consentendo loro di ottenere lo stesso vantaggio competitivo dei principali concorrenti globali.
Questi sono in grado di sfruttare economie di scala a livello continentale per promuovere la crescita, gli investimenti e guadagnare quote di mercato significative, un vantaggio che l’Europa spesso non riesce a raggiungere a causa della sua frammentazione.
Questa mancanza di scalabilità si riflette in diversi settori, dalla difesa, dove la frammentazione impedisce lo sviluppo di capacità industriali, alle telecomunicazioni, dove gli investimenti pro-capite sono la metà di quelli degli Stati Uniti, nonostante un mercato potenziale di 445 milioni di consumatori.
Il secondo aspetto cruciale è la capacità di fornire beni pubblici, dove ci sono investimenti potenziali che beneficerebbero tutti, ma che nessun paese può sostenere da solo.
Settori strategici come il clima, la difesa, i supercomputer e soprattutto l’energia sono influenzati da queste sfide. Ad esempio, un mercato energetico integrato garantirebbe costi energetici più bassi per le imprese europee e maggiore resilienza in caso di crisi future, ma la creazione di una vera Unione dell’energia richiede un approccio comune concordato tra tutti gli Stati membri.
In questo contesto, è essenziale utilizzare gli strumenti appropriati per gli investimenti: il settore pubblico può svolgere un ruolo significativo, sfruttando la sua capacità di assumere prestiti sul mercato, ma la maggior parte degli investimenti deve provenire dal settore privato.
È qui che diventa cruciale far progredire l’Unione dei mercati dei capitali, un elemento essenziale della strategia complessiva per la competitività europea. L’UE può contare su notevoli risparmi privati, che spesso però non vengono indirizzati verso investimenti produttivi, ma finiscono nei depositi bancari, non sostenendo la crescita finanziaria.
Infine, c’è la necessità di garantire un approvvigionamento stabile di risorse essenziali, particolarmente critico per raggiungere gli obiettivi climatici senza aumentare la dipendenza da paesi terzi.
Questo richiede una strategia complessiva che copra tutti gli stadi della catena di approvvigionamento delle materie prime critiche. Sebbene la Commissione UE abbia presentato il Critical Raw Materials Act, sono necessarie misure complementari, come ad esempio una piattaforma dedicata agli acquisti congiunti, per rendere gli obiettivi più tangibili e garantire la sicurezza delle forniture.
In sintesi, le tre direttrici delineate richiedono una profonda riflessione su come possiamo organizzarci insieme in Europa, confrontandoci su ciò che vogliamo fare a livello comunitario e ciò che intendiamo mantenere a livello nazionale. È questo l’invito urgente di Draghi, il quale sottolinea come, date le sfide immediate che affrontiamo, non possiamo permetterci il lusso di ritardare le risposte a eventuali modifiche dei Trattati.
È essenziale sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento della politica economica, ma se ciò non fosse fattibile a livello dei Ventisette, dovremmo considerare l’opportunità di procedere con un sottogruppo di Stati membri. Tuttavia, Draghi non vede questa come la soluzione preferibile, poiché la coesione politica dell’Unione richiede che avanziamo insieme, idealmente sempre.
La sfida è ripristinare la competitività europea e il mezzo per farlo è agire come Unione Europea in un modo che non abbiamo mai visto prima. Questo è il messaggio finale di Draghi, che sottolinea l’urgenza e l’importanza di un’azione coordinata e audace.
Dal rapporto di Letta al rapporto di Draghi, tutto il focus si concentra ora sulla presentazione del primo al Consiglio Europeo. Il percorso prevede tre fasi: la relazione sul futuro del Mercato unico, la definizione dell’Agenda strategica 2024-2029 (centrale nel Consiglio Europeo di giugno) e infine la relazione di Draghi sulla competitività europea.
Anche se la data per la presentazione del rapporto di Draghi non è ancora stata formalizzata, è probabile che avvenga dopo le elezioni europee di giugno, forse durante il vertice dei leader Ue a fine giugno.