Cittadinanza, quali sono le differenze tra Ius Sanguinis, Ius Soli, Ius Scholae e Ius Culturae?

Ognuno di questi principi regola in modo diverso l’ottenimento della cittadinanza italiana, rendendo l’iter più o meno complicato

Negli ultimi giorni i principali partiti politici sono tornati a interrogarsi sulle eventuali modifiche da apportare alla legge che regola il conferimento della cittadinanza italiana agli stranieri. C’è chi propone il tanto osteggiato Ius Soli, chi propende per lo Ius Scholae o lo Ius Culturae (che, pur assomigliandosi, presentano alcune differenze) e chi, come la Lega, non ritiene necessario alcun cambiamento al sistema attuale. Ma come funziona al momento la legge sulla cittadinanza? E quali sono le differenze tra le varie alternative proposte in Parlamento? Andiamo a scoprirlo.

La legge attuale sulla Cittadinanza si basa sullo Ius Sanguinis

Per valutare il conferimento della cittadinanza a chi non la possiede dalla nascita, l’Italia si rifà alla legge n°91 del 1992, basata sullo Ius Sanguinis (“diritto di sangue”), principio che prevede che la cittadinanza sia acquisita per discendenza o filiazione. Chi nasce nella Penisola da un genitore straniero non acquisisce in automatico la cittadinanza italiana, ma la ottiene vivendo legalmente e senza interruzioni nel Paese fino al raggiungimento della maggiore età, a patto però che dichiari di volerla acquisire entro dodici mesi dal compimento dei 18 anni.

Per gli stranieri arrivati da piccoli esiste anche il principio di naturalizzazione, che consente loro di richiedere la cittadinanza italiana una volta compiuta la maggiore età, a patto che vivano in Italia, con residenza legale e ininterrotta, da almeno dieci anni. L’iter da seguire per richiedere la naturalizzazione è però lungo, costoso e complesso, pertanto non tutte le famiglie riescono a portarlo a termine.

Roberto Bellasio

Sono poi previste alcune eccezioni e una di queste riguarda gli atleti che ottengono risultati eccezionali nei loro rispettivi sport, i quali possono accedere a una procedura accelerata per la cittadinanza.

Lo Ius Soli divide la politica ormai da anni

Il tanto discusso Ius Soli (dal latino “diritto del suolo”) è un principio che prevede la concessione della cittadinanza a chiunque nasca sul territorio di uno stato. L’Italia applica lo Ius Soli solo in alcuni casi molto specifici: per i figli di genitori ignoti, apolidi (senza cittadinanza) o che, a causa delle leggi dello Stato di appartenenza, non possono trasmettere la loro cittadinanza.

Finora nessuna proposta di legge presentata in Italia ha mai considerato un’estensione così ampia del diritto alla cittadinanza. Lo Ius Soli è però utilizzato in altri Paesi del mondo, tra cui gli Stati Uniti e la Francia (in quest’ultimo caso c’è una condizione: i genitori del minore devono essere in possesso di un regolare permesso di soggiorno).

Lo Ius Scholae, ossia la cittadinanza legata all’istruzione

Tra i due estremi, rappresentati dalle regole restrittive dello Ius Sanguinis e dall’apertura intrinseca nello Ius Soli, ci sono chiaramente delle vie di mezzo. Una di queste è lo Ius Scholae, principio presentato per la prima volta come proposta di legge nel 2022 e che prevede la concessione della cittadinanza italiana ai minori nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, dopo aver completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni. Anche in questo caso deve essere rispettato il requisito della residenza legale continuativa nel Paese. Inoltre, la frequenza dei cinque anni di istruzione dev’essere regolare. Se il percorso scolastico in Italia parte dalla scuola primaria, è anche previsto il superamento del ciclo di studi con esito positivo.

Lo Ius Culturae è diverso dallo Ius Scholae

Anche lo Ius Culturae lega l’acquisizione della cittadinanza al completamento di un percorso formativo, tuttavia in questo caso sono validi anche i percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali, conclusi con la promozione.

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