È pronta la bozza del disegno di legge sull’Autonomia differenziata che il 2 febbraio sarà presentata al Consiglio dei ministri. Ecco quali sono i principali punti della riforma presentata dal ministro Roberto Calderoli.
I Livelli essenziali delle prestazioni
I Livelli essenziali delle prestazioni, noti come Lep, cioè i diritti civili e sociali, devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Uno degli obiettivi della legge sull’Autonomia, è proprio definire e stabilire come gestire i Lep. La legge sull’Autonomia prevede la possibilità per le Regioni di chiedere allo Stato la gestione di alcune materie. Una volta decisi i Lep attraverso dei decreti del presidente del Consiglio, verranno stabiliti costi e fabbisogni standard, i quali indicano, ad esempio, quanto deve costare alla sanità pubblica una siringa; i fabbisogni determinano quanto costerà se la siringa deve arrivare su un’isola o in una comunità montana.
Il fondo perequativo
I governatori del Sud hanno chiesto che venisse inserito nella bozza di legge sull’Autonomia, perché. Modificando il modo di ripartire le risorse dello Stato, è necessario che tutte le Regioni partano dallo stesso punto di partenza. Questo meccanismo dovrebbe quindi servire a ridurre le disuguaglianze che si sono create finora e ad evitare che crescano in futuro.
Il voto delle Camere
Prima dell’intesa finale fra Stato e Regioni sui poteri delegati ci dovrà essere un voto di indirizzo di Camera e Senato. Le intese con le Regioni saranno gestite dal governo in carica che, per tutto l’iter della trattativa, non fa altro che recepire pareri non vincolanti. Nelle ultime bozze il coinvolgimento dei parlamentari era limitato a un passaggio nelle commissioni competenti di Camera e Senato. Con le modifiche apportate in pre-Consiglio dei ministri ci sarà invece un voto in plenaria.
La commissione Stato-Regione
Sarà formata una commissione paritetica Stato-Regioni che avrà il compito di determinare le risorse necessarie per le Regioni. La commissione sarà formata da un rappresentante del ministro per le Autonomie, un rappresentante del Ministro delle Finanze, un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni competenti e dai corrispondenti esponenti regionali.
La durata degli accordi
L’accordo tra Stato e Regioni avrà una durata non superiore ai 10 anni. L’intesa prevede inoltre i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia. Allo scadere della durata, l’intesa si intende rinnovata per altri 10 anni, “salvo una diversa volontà dello Stato o della Regione” che però deve manifestarla almeno sei mesi prima della scadenza.