Sono trascorsi cinquant’anni esatti dal 17 giugno 1972, una data che il mondo intero ha imparato ad associare allo scandalo politico più famoso degli ultimi decenni: Watergate. Il nome del complesso edilizio di Washington che ospitava l’omonimo hotel sarà sempre associato alla figura di Richard Nixon e alla fine del suo mandato come presidente degli Stati Uniti. Nel corso degli anni il suffisso “-gate” è stato usato per indicare ogni scandalo possibile e immaginabile, compresi quelli più assurdi (parlando di NutellaGate, per esempio, possono venire in mente ben due episodi, uno dei quali legato allo YouTuber CiccioGamer89). Ma come si è arrivati a questo punto? E cos’è successo di preciso a Watergate cinquant’anni fa?
La storia dello scandalo Watergate
Nella notte del 17 giugno 1972, Frank Wills, una guardia giurata, notò che qualcuno aveva manomesso la porta che conduceva dal piano terra al parcheggio sotterraneo, usando del nastro adesivo per farla restare aperta. Allarmato, contattò la polizia, che al sesto piano dell’edificio trovò cinque uomini che si erano introdotti negli uffici del comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti, apparentemente per compiere un furto. L’arresto degli intrusi scoperchiò un vaso di Pandora di cui tutti ignoravano le effettive dimensioni. In un primo momento, infatti, l’evento non destò troppo scalpore, ma la musica cambiò quando due giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, decisero di indagare per vederci chiaro. Riuscirono a dimostrare che gli uomini arrestati non stavano cercando di rubare qualcosa, bensì di posizionare dei microfoni per intercettare le conversazioni telefoniche dei rivali di Nixon. Gli intrusi, infatti, erano degli uomini al servizio dell’ex presidente degli Stati Uniti ed erano coinvolti in un progetto volto a sabotare le attività del Partito Democratico. Tra di loro c’era anche un ex collaboratore della Cia.
La caduta di Nixon
Gli sforzi di Woodward e Bernstein permisero di portare a galla la verità. Poco per volta, la loro inchiesta evidenziò l’esistenza di un collegamento tra gli uomini arrestati al Watergate e ingenti somme di denaro, provenienti da donazioni private usate per coprire le spese della rielezione di Nixon. La ridistribuzione di queste somme, con le quali il presidente voleva comprare il silenzio dei detenuti, era stata curata da John Mitchell, il manager della campagna del presidente, che si dimise il primo luglio del 1972.
Woodward e Bernstein dimostrarono che l’irruzione negli uffici di Watergate era legata a un piano di spionaggio e sabotaggio organizzato per favorire la rielezione di Nixon. Piano che, in effetti, diede i risultati sperati, visto che il 7 novembre il presidente uscente vinse le presidenziali. Fu però un trionfo effimero: l’inchiesta del Washington Post svelò altri retroscena e portò all’avvio dell’impeachment di Nixon, che anticipò di poco le dimissioni dell’inquilino della Casa Bianca, arrivate l’8 agosto 1974.