Un altro episodio di violenza da parte della polizia statunitense. Un’altra vittima afroamericana. Una 21enne incinta di sei mesi è stata uccisa dagli agenti all’esterno di un negozio di alimentari a Blendon Township, un sobborgo di Columbus, in Ohio. Insieme a lei è morta anche la bambina che portava in grembo.
La polizia era intervenuta dopo che il dipendente del supermarket aveva denunciato il furto di alcuni alcolici. I fatti risalgono al 24 agosto scorso ma le autorità dell’Ohio hanno diffuso solo ieri i video ripresi dalle bodycam in dotazione agli agenti, che mostrano gli ultimi istanti di vita di Ta’Kiya Young, madre di altri due bambini.
Il video dell’uccisione
Nel filmato si vede prima un poliziotto avvicinarsi all’auto dove si trovava la giovane intimandole di scendere. Un secondo agente si piazza davanti al veicolo. “Hanno detto che hai rubato qualcosa. Esci!”, dice l’agente accanto al finestrino, ordinando a Young di non muoversi.
“Non ho rubato”, replica la giovane mentre i due continuano a intimarle di scendere dal veicolo.
“Esci dalla macchina”, ripete l’agente in piedi davanti all’auto con la pistola spianata e la mano sinistra appoggiata sul cofano. Quindi si vede Young sterzare il volante. “Esci dalla macchina”, dice ancora il poliziotto mentre il veicolo inizia a muoversi lentamente. Trascorrono alcuni secondi e l’agente spara. L’auto continua la propria corsa per una quindicina di metri fino a quando finisce sul marciapiede. Un agente rompe il finestrino con una spranga mentre la ragazza è accasciata su un fianco. Le immagini si interrompono.
Subito dopo il corpo della 21enne è stato estratto e un medico di passaggio è intervento per tentare di rianimare la giovane ma per Ta’Kiya Young non c’è stato niente da fare. La giovane madre è morta poco dopo in ospedale, insieme alla bambina che sarebbe dovuta nascere a novembre.
L’Ohio Bureau of Criminal Investigation ha aperto un’indagine indipendente per ricostruire la dinamica dell’incidente e accertare se ci sia stato un uso della forza eccessivo e ingiustificato.
Secondo il regolamento della polizia dell’Ohio, un agente è autorizzato a sparare su un veicolo in movimento o su chi si trova a bordo solo quando “ritenga ragionevolmente di non aver a disposizione altri strumenti per scongiurare la minaccia imminente” o se lo consideri necessario per fermare il sospetto.
Intanto i due agenti sono stati messi a riposo forzato, ma senza sospensione dello stipendio.
La famiglia della vittima chiede giustizia. L’uccisione della giovane madre, scrivono in una nota, “ci ricorda ancora una volta quanto sia urgente riformare l’addestramento, le politiche e le procedure della polizia”.
La violenza della polizia negli Stati Uniti
Quello accaduto la scorsa settimana è solo l’ultimo di una lunga lista di casi di uso sproporzionato della forza da parte della polizia finito tragicamente con la morte di cittadini afroamericani.
Alcuni più di altri hanno ottenuto vasta eco mediatica, anche oltre confine, accendendo i riflettori sulle falle di un sistema che finora non ha saputo riformarsi. Emblematico il caso di Trayvon Martin, il teenager nero ucciso a bruciapelo nel 2012 in florida da un vigilante perché indossava una felpa col cappuccio. La sua morte ha portato alla nascita del movimento Black Lives Matter.
Nel 2020 ha fatto il giro del mondo, suscitando indignazione planetaria, il video del 45enne di Minneapolis George Floyd che implora “I can’t breathe” mentre un poliziotto gli preme il ginocchio sul collo fino a soffocarlo.
Il razzismo nelle forze dell’ordine
A dieci anni dalle prime manifestazioni di Black Lives Matter, la comunità afroamericana piange l’ennesima vittima. È opinione diffusa tra gli analisti che all’origine degli eccessi delle forze dell’ordine ci sia innanzitutto un razzismo endemico e sistemico.
Nel febbraio scorso esperti indipendenti delle Nazioni Unite hanno denunciato la “brutalità della polizia” e esortato ad agire “urgentemente”, dopo la morte di Keenan Anderson a Los Angeles e di Tyre Nichols a Memphis. In entrambi casi, secondo l’Onu, gli agenti “hanno violato le norme internazionali che tutelano il diritto alla vita e proibiscono la tortura e i trattamenti crudeli, inumani e degradanti”.
La discriminazione tra i bianchi e le minoranze, in testa afroamericani e latini, è ampiamente documentata dalle statistiche, malgrado a livello federale non esista un censimento comprensivo e aggiornato.
A supplire a questa lacuna hanno provveduto negli anni giornalisti, ricercatori e attivisti. Tra le iniziative più rilevanti, il progetto Mapping Police Violence e Fatal Force realizzato dal Washington Post.
In media ogni anno 1000 persone muoiono per mano della polizia. Malgrado gli afroamericani rappresentino poco meno del 13% del totale della popolazione statunitense, i cittadini neri uccisi dalle forze dell’ordine sono quasi il triplo rispetto ai bianchi.
La diffusione delle armi: 120 pistole ogni 100 abitanti
Un altro fattore che concorre all’uso sproporzionato della forza da parte degli agenti è la diffusione delle armi negli Stati Uniti. Secondo Small Arms Survey, negli Usa è presente il 40% delle armi detenute a livello globale, malgrado la popolazione rappresenti appena il 4% di quella mondiale. I ricercatori svizzeri stimano in 390 milioni il numero delle pistole in circolazione nel 2018, pari 120 ogni 100 abitanti, in crescita rispetto alle 88 nel 2011. Numeri che non hanno eguali nel resto del mondo.
La consapevolezza di una diffusione così capillare alimenta la cultura del sospetto: “In gran parte degli Stati è cosentino portare una pistola con sé o in auto. E questo aggrava la cose per gli agenti di polizia, che sono portati a percepire chiunque come una minaccia”, ha spiegato alla Bbc Rashawn Ray, docente di Sociologia all’università del Maryland.
L’addestramento degli agenti
A distinguere la polizia a stelle e strisce dai colleghi oltre confine, a cominciare da quelli del Vecchio Continente, è la formazione. Negli Stati Uniti non esistono standard a livello federale. In media un agente riceve un addestramento di 21 settimane, un training fra i più brevi nei Paesi sviluppati, secondo lo studio condotto su 100 Paesi dall’Institute for Criminal Justice Training Reform (ICJTR). La Finlandia per esempio prevede un addestramento di oltre 5mila ore in media contro le 600 circa degli Stati Uniti.
Non solo un problema di quantità ma anche di qualità. Secondo il dipartimento di Giustizia americano, le accademie di polizia dedicano due terzi della formazione all’uso delle armi e solo un terzo alle tecniche di comunicazione per prevenire l’uso della forza