“Abbiamo fatto alcuni importanti progressi, i colloqui sono stati molto costruttivi e produttivi”. Il presidente americano Joe Biden sintetizza così le quattro ore di faccia a faccia con l’omologo cinese Xi Jinping andate in scena alle porte di San Francisco, il primo dal 2022 dopo mesi di tensioni che hanno fatto segnare il minimo storico nelle relazioni sino-americane. Quello che conta, ha detto l’inquilino della Casa Bianca, è “coesistere in modo pacifico e nel rispetto l’uno con l’altro”.
Le aspettative alla vigilia del vertice era basse. L’obiettivo ambizioso: avviare il disgelo tra le due super potenze. Di certo i due leader hanno posto le basi per una ripresa del dialogo. Anche perché, ha notato Xi, “il mondo è abbastanza grande per la convivenza e il successo” delle due principali economie mondiali. E se ancora molti nodi restano da sciogliere, da Taiwan alla concorrenza, il presidente cinese ha ostentato ottimismo parlando di “futuro promettente” delle relazioni tra Usa e Cina. “Credo che una volta aperta la porta alle relazioni bilaterali, non verrà più chiusa”, ha detto alla cena di gala organizzata dai padroni di casa per la comunità economica a stelle e strisce.
Biden: “La competizione non sfoci in conflitto”
Biden ha ammesso che Washington e Pechino “sono in competizione” e che gli Usa “difenderanno i loro interessi, i loro valori, gli alleati e i partner”. Allo stesso tempo il “mondo si attende che gli Stati Uniti e la Cina gestiscano la concorrenza in modo responsabile per prevenire che diventi un conflitto, un confronto e una nuova Guerra Fredda”, ha detto. “Dobbiamo trovare il modo di venirci incontro e di perseguire interessi comuni”.
Del resto, ha osservato l’omologo cinese, “per due grandi Paesi come Cina e Stati Uniti girarsi le spalle non è un’opzione” mentre “è irrealistico che un tenti di plasmare l’altro”.
I risultati dell’incontro Biden-Xi
Dall’incontro, avuto a margine del vertice della Cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec), escono primi significativi passi in avanti verso la distensione delle relazioni tra Cina e Stati Uniti. Dal ripristino delle comunicazioni alla collaborazione sul fronte della lotta al traffico degli oppioidi.
Linea diretta Washington-Pechino
“Abbiamo ripreso il dialogo con la Cina dopo un periodo di freddezza nei rapporti“, ha detto Biden in conferenza stampa annunciando la ripresa di una linea diretta “ad alto livello“con Xi che sarà utilizzata in caso di crisi. È stata ristabilita anche la hotline militare, cancellata da Pechino dopo la controversa visita dell’allora speaker della Camera Nancy Pelosi a Taiwan nel 2022.
Contrasto al traffico di Fentanyl
Come anticipato da indiscrezioni di stampa alla vigilia del vertice, i due Paesi collaboreranno nel contrasto alla produzione e al traffico di Fentanyl, la droga sintetica che ogni anno miete decine di migliaia di vittime negli Stati Uniti ed è diventata una vera e propria emergenza sociale. La Cina infatti è tra i principali produttori dei precursori chimici dello stupefacente divenuto il nuovo “oro chimico” su cui il narcotraffico messicano sta costruendo un impero.
Confermato anche l’impegno a cooperare sul fronte della lotta al cambiamento climatico, benché Biden abbia chiesto a Pechino di fare di più. Sull’intelligenza artificiale entrambi hanno dichiarato che “occorre ancora molto lavoro” per trovare un percorso comune, ma nuovi incontri tra i tecnici di entrambi i Paesi verranno fissati nei prossimi mesi.
Nel corso del faccia a faccia c’è spazio anche per la crisi in Medio Oriente, con la guerra a Gaza che infuria ormai da oltre quaranta giorni. Biden ha chiesto a Xi di fare pressioni sull’Iran per scongiurare un allargamento del conflitto alla regione. Il presidente cinese ha confermato che sono in corso interlocuzioni con Teheran.
Le questioni irrisolte, da Taiwan alla concorrenza
Se il dialogo è ripreso, diverse questioni restano irrisolte, a cominciare da Taiwan, Stato indipendente de facto che la Cina rivendica come parte della Repubblica popolare. Le tensioni sul dossier hanno raggiunto l’acme lo scorso anno con la visita a sorpresa a Taipei dell’allora speaker della Camera Nancy Pelosi e la reazione furibonda del dragone.
Biden ha ribadito la linea americana che riconosce “una sola Cina” ma allo stesso tempo ha messo in chiaro che gli Usa si aspettano che la Cina non interferisca nelle elezioni di Taiwan, in programma il prossimo gennaio, rimarcando l’importanza della pace e della stabilità nello stretto dell’isola. Il leader di Pechino dal canto suo ha rilanciato chiedendo agli Stati Uniti devono “onorare il proprio impegno a non sostenere l’indipendenza di Taiwan, smettere di armarla e sostenere la riunificazione pacifica della Cina”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri cinese. Xi d’altra parte ha garantito che non sono all’ordine del giorno azioni militari sull’isola.
Un altro nodo irrisolto riguarda la guerra commerciale a suon di dazi e contro-dazi inaurata dall’amministrazione Trump, che nell’ultimo anno si è particolarmente inasprita, colpendo specialmente l’export di tecnologia sensibile nel Paese asiatico, a cominciare dagli strategici microchip. Xi ha ribadito che le “sanzioni unilaterali” di Washington “danneggiano gravemente gli interessi legittimi della Cina“. Il presidente cinese ha chiesto quindi che vengano rimosse “in modo da fornire un ambiente equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi“.
Xi il “dittatore”
Sul finale, al termine della breve conferenza stampa, Biden è scivolato sull’ennesima buccia di banana. A un cronista che gli chiedeva se considerasse il presidente cinese ancora un “dittatore”, appellativo usato all’inizio di quest’anno, il capo della Casa Bianca ha risposto che “sì, lo è in quanto leader di un Paese comunista”.
Il leader americano ha anche detto di aver sollevato con Xi le proprie preoccupazioni sugli abusi dei diritti umani in Cina, inclusi quelli contro gli uiguri nello Xinjiang, in Tibet e a Hong Kong.
Il voto all’Onu su Gaza
Se disgelo sarà davvero si vedrà nelle prossime settimane, ma intanto un piccolo segnale è arrivato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove Usa e Cina non hanno bloccato l’ultima risoluzione, presentata da Malta, che chiedeva una pausa umanitaria nella Striscia Gaza per consentire l’accesso degli aiuti per la popolazione palestinese assediata e bersagliata dai bombardamenti israeliani. Dall’inizio del conflitto il Consiglio era rimasto bloccato dai veti incrociati di Stati Uniti, Cina e Russia. Stavolta la risoluzione è stata approvata con dodici voti a favore e l’astensione di Washington, Mosca e Londra.