Donald Trump non ha firmato il giuramento di lealtà che lo Stato dell’Illinois chiede a tutti i candidati in vista delle primarie. Si tratta di un impegno a “non rovesciare il governo” che l’ex presidente Usa ha deciso di non sottoscrivere, a differenza di quanto avvenuto in occasione delle campagne elettorali del 2016 e del 2020. Il rifiuto del tycoon, all’indomani del terzo anniversario dell‘assalto al Congresso, si è attirato gli strali dei democratici. “In tutta la storia del Paese, i presidenti hanno messo la mano sulla Bibbia e giurato di rispettare e difendere la Costituzione degli Stati Uniti. E Donald Trump non riesce a firmare un foglio che dice che non tenterà un colpo di Stato per rovesciare il governo. E noi sappiamo che è tremendamente serio perché tre anni fa ha provato a farlo ma ha fallito”, ha attaccato Michael Tyler, portavoce della campagna elettorale del presidente Joe Biden.
Il candidato repubblicano dal canto suo non ha spiegato il motivo del rifiuto ma ha garantito che, una volta rieletto alla Casa Bianca, giurerà di “difendere la Costituzione degli Stati Uniti”.
Il giuramento anti-golpe
Il giuramento, volontario, è un retaggio della Guerra fredda risalente agli anni ‘50, con cui i candidati dichiarano di non essere affiliati a “organizzazioni comuniste” o di sostenere “direttamente o indirettamente” il “rovesciamento del governo degli Stati Uniti”. Un vecchio arnese che lo Stato dell’Illinois ha preservato malgrado diverse Corti federali lo abbiano dichiarato incostituzionale perché vìola la libertà di espressione. Secondo WBEZ/Chicago Sun-Times, che ha visionato i documenti depositati, oltre a Trump altri due candidati repubblicani non hanno firmato il giuramento, Nikki Haley e Chris Christie.
Trump: “Assalitori Congresso in carcere? Ostaggi da liberare”
Col vento in poppa dei sondaggi, l’ex inquilino della Casa Bianca non indietreggia e rilancia. Durante un comizio in Iowa è arrivato a definire “ostaggi” i seguaci che nel 2021 hanno preso d’assalto Capitol Hill e poi finiti in carcere. “Bisogna liberare gli ostaggi del 6 gennaio. Hanno sofferto. Qualcuno li chiama detenuti. Io li chiamo ostaggi. Rilascia gli ostaggi del 6 gennaio, Joe. Puoi farlo facilmente”, ha detto Trump, rivolgendosi direttamente a Biden.
Ha promesso di concedere loro la grazia quando verrà rieletto, “per la terza volta”, ha precisato coerentemente con la tesi delle elezioni “rubate” da Biden nel 2021.
Biden contro Trump: “Democrazia in pericolo”
Il presidente Usa del canto suo ha avvertito che “in gioco sono la democrazia e la libertà”. Il tycoon “è disposto a sacrificare la nostra democrazia pur di ottenere il potere. Trump giustifica la violenza politica, così come i suoi sostenitori”, ha detto dalla Pennsylvania. “Difenderò la democrazia” perché “l’alternativa è la dittatura”.
L’inquilino della Casa Bianca ha attaccato il tentativo di Trump di “riscrivere la storia” e i “fatti del 6 gennaio” con l’assalto al Campidoglio. E non ha mancato di stigmatizzare il linguaggio stile “Germania nazista” dell’ex presidente in riferimento alle recenti affermazioni in tema di immigrazione: “Parla del sangue degli americani che viene avvelenato”.
Corte Suprema decide eleggibilità di Trump
Intanto la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annunciato che il prossimo 8 febbraio esaminerà la decisione del Colorado che ha escluso Trump dalle primarie repubblicane nello Stato a causa del suo coinvolgimento diretto nell’assalto a Capitol Hill. Saranno dunque i giudici supremi a decidere sull’eventuale ineleggibilità dell’ex presidente. Trump, grande favorito delle primarie repubblicane per le elezioni del prossimo novembre, mercoledì scorso aveva presentato ricorso all’Alta Corte, da lui ampiamente rinnovata con candidati dal profilo conservatore. Fino al verdetto, il nome del tycoon non potrà essere rimosso dalle schede elettorali.
I giudici del Colorado hanno ritenuto applicabile all’ex presidente la sezione 3 del 14esimo emendamento della Costituzione, approvato dopo la guerra civile, che vieta a chi ha partecipato a una rivolta di candidarsi a incarichi pubblici. Le primarie repubblicane nello Stato sono previste il prossimo 5 marzo.
Sondaggi, Trump ancora in testa
I guai giudiziari collezionati nell’ultimo anno, inclusa un’incriminazione per il coinvolgimento nell’assolto al Congresso, non frenano la sua corsa alla Casa Bianca di The Donald, saldamente in testa ai sondaggi. Secondo l’analisi elaborata dalla Cnn, Trump può contare su 28 Stati (e un distretto del Maine) per un totale di 272 voti del collegio elettorale, due sopra la soglia magica della vittoria (270). Joe Biden invece ha dalla propria parte solo 19 Stati, oltre a Washington D.C., totalizzando 225 voti, 45 in meno del quorum per il successo.