Con quattro incriminazioni collezionate in pochi mesi e due procedimenti per impeachment, molti si chiedevano come fosse possibile che l’ex presidente Usa Donald Trump potesse correre a vele spiegate verso un secondo mandato alla Casa Bianca. Fino a oggi, quando dal Colorado, a sorpresa, è arrivato il primo stop. La Corte Suprema ha escluso il tycoon dalla primarie repubblicane nello Stato in programma il prossimo 5 marzo, dichiarandolo ineleggibile in base al 14esimo emendamento della Costituzione, a causa dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 che, secondo l’accusa del procuratore di New York, The Donald avrebbe fomentato con l’obiettivo di ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali 2020 vinte dal rivale democratico Joe Biden.
Mentre lo staff del tycoon ha liquidato la decisione come “sbagliata e antidemocratica“, Trump, che è stato incriminato per quei fatti, ha annunciato il ricorso alla Corte suprema federale. “Noi combatteremo per l’America come mai fatto prima. È la nostra battaglia finale, con voi al mio fianco. Cacceremo i globalisti, i marxisti comunisti e fascisti e sfratteremo Joe Biden dalla Casa Bianca e finiremo il lavoro una volta per tutte”, ha promesso l’ex presidente da Waterloo, in Iowa.
Il caso è stato promosso da un gruppo di elettori del Colorado, col supporto dell’associazione Citizens for Responsibility and Ethics di Washington. La loro tesi, bocciata in prima istanza, è che Trump dovrebbe essere squalificato per aver incitato i suoi sostenitori ad assalire il Campidoglio nel tentativo fallito di ostacolare il trasferimento del potere a Biden dopo la vittoria delle elezioni del 2020.
Il Colorado è considerato uno Stato saldamente democratico e quindi l’attuale presidente Joe Biden lo vincerà indipendentemente dalle sorti del tycoon, ma la sentenza potrebbe influenzare lo status dell’ex presidente nelle elezioni generale del 5 novembre 2024.
La decisione dei giudici del Colorado
La decisione apre un precedente e potrebbe dare il via ad azioni simili in altri Stati. Ora spetterà ai giudici supremi di Washington dirimere la questione e stabilire se Trump è legittimato a candidarsi per ricoprire il ruolo di presidente degli Stati Uniti. Il pronunciamento varrà non solo per il Colorado ma per tutti gli altri Stati.
“La maggioranza della Corte ritiene che il presidente Trump non possa ricoprire l’incarico di presidente in base alla Sezione 3 del 14esimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Poiché non è legittimato sarebbe un errore inserirlo come candidato alle primarie presidenziali”, hanno scritto i giudici nel dispositivo della sentenza. “Noi non abbiamo raggiunto queste conclusioni con leggerezza. Siamo consapevoli della rilevanza e del peso delle questioni che ci troviamo di fronte. Siamo, tuttavia, consci del nostro solenne dovere di applicare la legge, senza paura o favoritismi e senza farsi influenzare dalla reazione pubblica alla decisione a cui siamo giunti”.
Cosa prevede il 14esimo emendamento della Carta
Difficile predire come andrà a finire. Di certo la decisione è già storica. È la prima volta infatti che negli Stati Uniti si esclude un candidato in base alla sezione 3 del 14esimo emendamento della Costituzione americana, secondo cui nessuno può ricoprire l’incarico di presidente o vice presidente degli Stati Uniti se “ha preso parte a un’insurrezione o una ribellione oppure abbia fornito aiuto o sostegno” dopo aver “precedentemente prestato giuramento”. Il Congresso ha facoltà con un voto di due terzi di ciascuna Camera di “rimuovere tale incapacità”.
Ratificato nel 1868 dopo la Guerra civile americana, l’emendamento è formulato in modo piuttosto vago e finora è stata applicata solo due volte dal 1919. La sezione terza fu introdotta per impedire che funzionario civili o militari che avevano tradito il Paese sostenendo la Confederazione sudista potessero riguadagnassero posizioni di autorità.
Il parere dei giuristi
Negli scorsi mesi diversi giuristi hanno invocato il 14esimo emendamento per motivare un’estromissione dell’ex inquilino della Casa Bianca dalle elezioni. È il caso per esempio di William Baude, dell’Università di Chicago, e Michael Stokes Paulsen, della St. Thomas School of Law, autori di un articolo sulla University of Pennsylvania Law Review in cui argomentano in punta di diritto le loro tesi.
Innanzitutto, premettono i due professori, la sezione 3 del 14esimo emendamento resta parte integrante della Costruzione Usa e trascende l’ambito della Guerra civile. In secondo luogo, è autoeseguibile e opera come squalifica immediata dall’incarico, senza la necessità di ulteriori azioni da parte del Congresso.
Qualunque funzionario pubblico competente, statale o federale, ha il “dovere” di applicarlo. Inoltre, sostengono, la norma contempla un’ampia gamma di comportamenti contrari all’ordine costituzionale, compresi i casi di sostegno indiretto.
Conclusione: il 14esimo emendamento “squalifica l’ex presidente Donald Trump, e potenzialmente molti altri, a causa della loro partecipazione al tentativo di rovesciare le elezioni presidenziali del 2020”.
È dunque legittimo chiedersi a questo punto perché il tycoon sia ancora il candidato di punta del fronte repubblicano alle prossime elezioni presidenziali. Per rispondere Baude e Paulsen citano un precedente del 1869, il caso Griffin, che “getta ancora un’ombra” sul 14esimo emendamento. Nel caso di estromissione del tycoon dalla corsa alle elezione, qualunque funzionario pubblico in uno dei cinquanta Stati americani andrebbe incontro a una sequela di ricorsi e contenziosi legali senza fine. Eppure, concludono i giuristi, la sentenza del 1869 non è stata emessa dalla Corte Suprema e non è dunque vincolante per le Corti federali. Dunque l’emendamento resta valido mentre la decisione di applicarlo diventa una questione politica.
Sulla stessa linea anche altri illustri colleghi. A cominciare da J. Michael Luttig, ex giudice conservatore della Corte d’appello degli Stati Uniti, e Laurence Tribe, professore all’università di Harvard, che insieme hanno scritto un articolo per The Atlantic eloquente sin dal titolo: “La Costituzione impedisce a Trump di essere ancora presidente”. Il 14esimo emendamento, spiegano, “esclude automaticamente da qualunque carica futura” chiunque abbia giurato di difendere la Carta fondamentale e poi insorga contro la stessa, sia direttamente sia indirettamente “fornendo aiuto” agli esecutori.
Steven G. Calabresi, professore all’università di Yale, è ancora più diretto. “Trump non è eleggibile e ognuno dei 50 segretari di Stato ha l’obbligo di stampare le schede elettorali senza il suo nome”, ha detto al New York Times aggiungendo che sarebbero perseguibili nel caso si rifiutassero di applicare la Costituzione.
I precedenti
Casi simili sono stati rigettati in Minnesota e New Hampshire. In Michigan invece un giudice ha stabilito che la questione era politica e non spettava a lui decidere.
Lo scorso settembre gli attivisti di Free Speech For People aveva inviato lettere ai segretari di Stato di Florida, Ohio, Wisconsin, New Hampshire e New Mexico per chiedere loro di cancellare il nome dell’ex presidente dalle schede elettorali, in virtù proprio del 14esimo emendamento. Nella missiva si sostiene, tra le altre cose, che i funzionari hanno insieme il potere e il dovere di applicarlo, escludendo Trump dalla corsa elettorale, senza bisogno di un processo o di una condanna.
E dubbi peraltro avevano cominciato a insinuarsi anche tra i repubblicani, come l’ex governatore dell’Arkansas Asa Hutchinson, già candidato alla nomination repubblicana, che ha messo in guardia i compagni di partito sul rischio che l’ex presidente Usa, una volta eletto, venga interdetto dalla carica. “Trump rischia seriamente di essere escluso in forza del 14° emendamento per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill”, ha detto alla Cnn.