Truth, il social dell’ex presidente americano Donald J. Trump, sulla carta si presenta come una piattaforma “nemica” di colossi tech come Apple e Google. Paradosso vuole, però, che per poter vedere la luce abbia bisogno proprio dei tanto criticati colossi tech.
Come nasce l’idea di Truth
Come ricostruisce l’agenzia Reuters, infatti, a poche settimane dal lancio Truth sta cercando un delicato equilibrio fra le garanzie nella libertà di espressione e un modo per conquistarsi una fetta di mercato senza passare per gli store virtuali di Apple e Google.
Ovvero le stesse compagnie web che l’entourage del tycoon ha sempre tacciato di censura nei suoi confronti. L’idea di Truth Social era nata proprio a seguito dei provvedimenti presi da Facebook, Twitter e YouTube nei confronti di Trump, “bannato” da tutte e tre le piattaforme.
Il lancio sarà inoltre il battesimo per la TMTG, la Trump Media & Technology Group, che si autodefinisce “depositaria” della massima libertà di espressione. La vera sfida sarà dunque dimostrare di esserlo davvero, scontrandosi contro i tanto criticati giganti della Silicon Valley.
Il paradosso dell’applicazione
Per sua stessa ammissione, la TMTG afferma di voler offrire ai propri utenti un’esperienza social priva di censura. Eppure – come ricorda la Reuters – il futuro di Truth resta sempre nelle mani della Mela e della popolare azienda di servizi online del gruppo Alphabet.
Gli sviluppatori dovranno infatti trovare il modo per non far “cacciare” l’applicazione dall’App Store e da Google Store. Evitare cioè il destino che era toccato a Parler, social molto popolare fra i conservatori americani, dopo l’assalto a Capitol Hill. L’App Store lo aveva poi ripristinato (senza alcuni contenuti) alcuni mesi dopo.
Per trovare spazio sullo store della Mela, comunque, Truth dovrà rispettare le linee guida che prevedono la possibilità per gli utenti di segnalare contenuti inappropriati. Un bel rischio per chi fa dell’assenza totale di censura il suo cavallo di battaglia. Social avvisato, mezzo salvato.