Continua l’opera di trasformazione della piattaforma X, ex Twitter, inaugurata da Elon Musk un anno fa, quando ha preso le redini della società fondata da Jack Dorsey. L’ultima novità, annunciata lo scorso agosto, riguarda la rimozione dei link degli articoli che vengono condivisi sul social network, impedendo così agli utenti di visualizzare il titolo e soprattutto la fonte. Resta visibile solo l’anteprima dell’immagine. Un cambiamento che per ora ha coinvolto solo la versione desktop della piattaforma i dispositivi con sistema operativo iOS.
Secondo Musk le ragioni sarebbero di ordine meramente ”estetico”. Il nuovo formato renderebbe la piattaforma più bella a livello grafico. In realtà non è un segreto l’avversione dell’imprenditore per i media “mainstream”. Lui stesso ha chiarito che punta a scoraggiare gli utenti che abbandonano la piattaforma aprendo i link che rimandano a siti esterni, in testa quelli di notizie.
“Il nostro algoritmo cerca di ottimizzare il tempo trascorso su X dando meno importanza ai link perché il tempo speso sulla piattaforma è inferiore se le persone escono cliccando”, ha spiegato lo stesso Musk con un post su X lo scorso martedì.
L’obiettivo è ridurre il traffico verso i siti esterni favorendo la condivisione di post più lunghi rispetto ai tweet da 140 caratteri che in origine sono stati il tratto distintivo della piattaforma. “I giornalisti che vogliono maggiore libertà di scrittura e un’entrata extra dovrebbero rivolgersi a noi”, ha scritto giorni fa.
Alcuni utenti hanno già espresso perplessità segnalando che la novità genera confusione e non consente di distinguere facilmente tra notizie e altri tipi di contenuti, a detrimento delle fonti affidabili.
Del resto la misura non riguarda gli annunci a pagamento, che continuano a mostrare l’anteprima dei titoli.
Secondo la professoressa di giornalismo all’università di Cardiff Karin Wahl-Jorgensen, la mossa del miliardario non solo ridurrà in modo significativo il traffico verso i siti esterni ma rischia anche di rivelarsi controproducente per la stessa piattaforma, rendendola meno attraente per gli utenti: “Limitare i contenuti interessanti e coinvolgenti è probabile che danneggerà i bilanci della società”, ha detto al Washington Post.
Il rapporto controverso tra Musk e i media “mainstream”
La posizione di Musk nei confronti dei media, viste come diretti concorrenti del social media, rappresenta la discontinuità più evidente col modello originario di Twitter, che faceva dei contenuti giornalisti un punto di forza tanto da segnalare con la famosa “spunta blu” le fonti affidabili.
Non a caso il badge di “account verificato” (attivo, autentico e di pubblico interesse) è un altro aspetto su cui è intervenuto Musk, che ha reso la spunta blu a pagamento, dunque spogliandola della sua funzione originaria, e l’ha rimossa dagli account che hanno rifiutato di sborsare 8 dollari al mese per l’abbonamento.
Emblematico il tentativo di boicottaggio, svelato lo scorso agosto dal quotidiano americano, ai danni di alcune testate, come Reuters e New York Times, e dei social media rivali, inclusi Facebook e Instagram, che hanno registrato un rallentamento nel tempo di caricamento delle pagine. Una mossa che mira a ridurre il traffico in uscita verso siti esterni e dunque gli introiti pubblicitari dei concorrenti.
Il proliferare delle fake news su X
Nell’ultimo anno sulla piattaforma è proliferata la disinformazione. Un fenomeno a cui hanno contribuito in modo significativo l’eliminazione delle politiche di moderazione prima in vigore, permettendo il ritorno sulla piattaforma di migliaia di account in precedenza rimossi.
Senza contare il licenziamento di migliaia di dipendenti e collaboratori, a cominciare da quelli destinati al monitoraggio dei contenuti falsi e violenti, che ha consentito la diffusione sulla piattaforma di teorie cospirazioniste, figure estremiste e di un linguaggio d’odio verso minoranze etniche e religiose in ogni angola del globo.
Che X sia diventato il brodo di coltura in cui attecchiscono le fake news lo ha certificato anche la Commissione europea, che appena una decina di giorni fa ha diffuso il rapporto sullo stato di attuazione del “Codice di condotta sulla disinformazione” firmato dai principali operatori digitali e dal quale la piattaforma del tycoon si è ritirata lo scorso maggio. Secondo l’esecutivo comunitario, è su X che si concentra “il più alto tasso di false informazioni” mentre il social network ha mostrato scarsissimo impegno sul fronte del contrasto alle notizie false.
I conti in rosso e la fuga degli inserzionisti
Il risultato del nuovo corso inaugurato dal proprietario di Tesla e SpaceX, che un anno fa ha rilevato Twitter per 44 miliardi di dollari, è un buco di bilancio e la fuga degli inserzionisti pubblicitari.
Nell’ultimo anno il valore di X è crollato e secondo i calcoli fatti dalla Reuters si aggirerebbe attorno agli 8 miliardi, ovvero una cifra di molto inferiore al debito che la società ha nei confronti delle banche che hanno finanziato l’acquisizione di Musk, pari a 13 miliardi.
Assieme agli inserzionisti sono precipitati gli introiti pubblicitari. L’agenzia stima che solo negli Stati Uniti si siano più che dimezzati rispetto a un anno fa. E le cose potrebbero andare ancora peggio. Secondo il sito Engadget, agli investitori non è piaciuto affatto il nuovo formato voluto da Musk.
Acquisizione Twitter, Musk indagato dalla Sec
Ieri intanto è emersa la notizia che Elon Musk è indagato dalla Sec, la Consob americana, proprio per l’acquisizione di Twitter nel 2022. L’agenzia che vigila sulla borsa Usa da mesi sta conducendo un’inchiesta per capire se il tycoon abbia violato le leggi federali sui titoli azionari, acquistando le quote della società senza presentare alla Sec la dichiarazione obbligatoria nei tempi previsti.
L’inchiesta è diventata pubblica perché l’ente ha chiesto a un tribunale federale di San Francisco di ordinare a Elon Musk di rispettare le indagini dopo che lo scorso 15 settembre il tycoon ha disertato l’invito a comparire. Secondo l’accusa, “due giorni prima della sua testimonianza programmata, Musk ha improvvisamente informato lo staff della Sec che non si sarebbe presentato” sollevando “diverse obiezioni discutibili” inclusa la necessità di più tempo per studiare nuovo materiale potenzialmente rilevante.
I legali che difendono il tycoon hanno accusato l’agenzia di “tormentare” il loro assistito: “La Sec ha già acquisto la testimonianza del signor Musk molteplici volte nel corso di questa indagine sbagliata. Quando è troppo è troppo”, ha detto in una nota uno degli avvocati, Alex Spiro.
Del resto non è la prima volta che le due parti vengono ai ferri corti. Nel 2018 la Sec ha multato l’imprenditore dopo che il proprietario della Tesla con un tweet da 140 caratteri ha scatenato un putiferio a Wall Street annunciando il delisting del colosso delle auto elettriche.
“Sto pensando di privatizzare Tesla a 420 dollari per azione“, aveva cinguettato assicurando che i fondi per la transazione erano pronti. Secondo il patteggiamento per l’azione legale per frode avviata dalla Sec, Musk ha dovuto sborsare in tutto 40 milioni di dollari e rinunciare alla presidenza per almeno tre anni.