Stati Uniti: siglato un accordo di cooperazione bilaterale con la Papua Nuova Guinea

Gli Stati Uniti hanno siglato oggi, 23 maggio 2023, un accordo di cooperazione bilaterale sulla Difesa con la Papua Nuova Guinea, una mossa che mira a espandere l’influenza degli Stati Uniti nella regione dell’Indo-Pacifico, nella quale è alta la competizione con la Cina.

Il patto è stato firmato nel corso della visita del segretario degli USA Antony BlinkenPort Moresby alla presenza del primo ministro della Papua Nuova Guinea James Marape, insieme a un accordo sulla sicurezza marittima.

L’accordo nel dettaglio

L’accordo USA – Papua Nuova Guinea fornirà 45 milioni di dollari al Paese del Pacifico meridionale per la cooperazione economica e di sicurezza, secondo quanto rende noto il Dipartimento di Stato USA, e prende in considerazione anche le aree del contrasto alla criminalità transnazionale e della mitigazione degli effetti della crisi climatica.

Il patto, inoltre, avrà come scopo quello di rafforzare ulteriormente la cooperazione bilaterale, migliorando la capacità delle Forze di Difesa della PNG e aumentare la stabilità e la sicurezza della regione.

Il primo ministro della Papua Nuova Guinea ha salutato l’accordo come un’elevazione della relazione con gli Stati Uniti. Alla vigilia della firma, Marape aveva sottolineato di non vedere implicazioni geopolitiche nell’accordo, che ha lo scopo di “proteggere i confini territoriali da tutti i tipi di minacce emergenti”.

L’accordo non impedirà alla Papua Nuova Guinea di collaborare con altre nazioni, inclusa la Cina, secondo quanto emerso finora dal testo del patto siglato oggi.

Si sottolinea, inoltre, che “la Papua Nuova Guinea non ha nemici, ma deve essere preparata”, citando il caso di una disputa territoriale, come quello tra Russia e Ucraina.

Prima che entri in vigore, il patto – contestato prima della firma per la mancanza di trasparenza e per il rischio di un’eccessiva militarizzazione dell’area nel pieno delle tensioni tra Cina e Stati Uniti – dovrà sottoporsi al vaglio del parlamento dello Stato del Pacifico meridionale.

In Papua Nuova Guinea, intanto, sono giunti i leader degli Stati insulari del Pacifico per il summit con gli Stati Uniti, e a Port Moresby è arrivato anche il primo ministro indiano, Narendra Modi, per il terzo forum sulla cooperazione tra l’India e gli Stati insulari del Pacifico.

Anthony Blinken
Foto | Wikimedia Commons @U.S. Embassy Nigeria

La disputa tra Stati Uniti e Cina

La firma di oggi, già preannunciata da Washington, è stata accolta finora senza irritazione apparente da parte della Cina, la quale però sembrerebbe scettica sull’atteggiamento degli Stati Uniti nel Pacifico.

Da Pechino, la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha sottolineato che “la Cina non ha obiezioni ai normali scambi e alla cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa”.

La portavoce ha poi aggiunto: “Ciò a cui dobbiamo stare attenti è impegnarsi in giochi geopolitici in nome della cooperazione”, e allo stesso tempo, ha concluso, “crediamo anche che qualsiasi cooperazione non dovrebbe prendere di mira una terza parte”.

La disputa tra Washington e Pechino per l’influenza nel Pacifico è, però, particolarmente sentita dalle due grandi potenze. Lo scorso anno, la Cina aveva firmato un patto sulla sicurezza con le Isole Salomone – a nord della Papua Nuova Guinea, e con cui Pechino aveva allacciato relazioni diplomatiche solo tre anni prima, nel 2019 – che aveva fatto risuonare un campanello d’allarme a Washington per l’aumento dell’influenza cinese nella regione.

Antony Blinken
Foto | Wikimedia Commons @U.S. Department of State

“È oltremodo ambizioso, nonché difficoltoso, immaginare come i rapporti sino-americani si evolveranno nel medio-lungo periodo” – commenta Davide Borsani, dottore di ricerca in Istituzioni e Politiche, Università Cattolica del Sacro Cuore nella pubblicazione Il complesso rapporto tra Washington e Pechino – “Non è ancora emersa una risposta definitiva e inconfutabile alla domanda se la Cina sia destinata a rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti o un’opportunità da cogliere per ammodernare l’architettura di un mondo oggi multipolare che non risponde più ai rapporti di forza della Guerra fredda”.

Continua Borsani: “È vero che, allo stato attuale, come evidenziato da molti, la radicale interdipendenza economica che lega Washington e Pechino sia un fattore non trascurabile nel delineare ipotetici scenari futuri. Ma la dimensione economico-finanziaria, per quanto importante, non può essere sufficiente per predire l’avvenire, soprattutto in presenza di variabili politiche il cui peso potrebbe rivelarsi più determinante. Il passato, infatti, ci ha insegnato che per le potenze in ascesa in cerca di un “posto al sole”, non di rado il sentimento nazional-popolare è risultato ben più influente delle ragioni economiche nel condizionare la politica estera”.

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