Joe Biden è sempre più vicino a diventare il 46esimo Presidente degli Stati Uniti. E Donald Trump, che ha già fatto capire di non volerci stare, è vicino a dover lasciare la Casa Bianca. Ma c’è ancora da aspettare. Lo spoglio delle varie schede elettorali giunte dai più disparati angoli della nazione infatti procede, ma con il pendolo che più volte ha cambiato direzione in queste concitate ore. Con il risultato quasi inevitabile di creare parecchie tensioni in tutti gli States.
Perché Biden è vicino alla vittoria
Le tarde ore di mercoledì avevano visto un’accelerazione poderosa e apparentemente inesorabile di Biden a discapito di Trump. Fondamentali per il candidato del Partito Democratico erano apparsi Michigan e Wisconsin, Stati in bilico che nelle scorse ore si sono via via tinti di blu. Anche l’Arizona, tradizionalmente repubblicana, era apparsa a un passo dal “tradire” Trump. Ma proprio lo Stato di Phoenix e del Grand Canyon sta vivendo una controrimonta del presidente in carica. Mancano ancora Nevada, North Carolina, ma soprattutto Georgia e Pennsylvania. Dove lo spoglio è particolarmente in ritardo. E gli Stati Uniti fremono.
La conquista del Michigan aveva rotto l’iniziale cautela di Biden, che per la prima volta aveva apertamente parlato di un successo ormai vicino: “Ormai è chiaro che conquisteremo abbastanza Stati per ottenere i 270 voti per vincere“, aveva detto. Secondo il sistema elettorale in vigore negli Usa, ogni Stato assegna un certo numero di cosiddetti “grandi elettori”. A Biden, per diventare Presidente degli Stati Uniti, ora ne mancano solo sei. Che potrebbero arrivare anche dal solo Nevada.
Stati Uniti: le proteste di Trump e i primi disordini
Intanto, però, come ampiamente previsto, Donald Trump non sembra intenzionato a lasciare la Casa Bianca tanto facilmente. “Ero saldamente avanti in molti Stati chiave. Questo vantaggio è magicamente scomparso“, ha attaccato il tycoon evocando lo spettro di brogli. La realtà è che i dati sui voti fatti regolarmente via posta arrivano in molti casi in contemporanea, generando quasi inevitabilmente parecchia confusione negli Stati Uniti. E Trump contesta l’esito elettorale di Pennsylvania, North Carolina, Georgia, Nevada, Michigan e Wisconsin.
Nel frattempo in diverse zone degli Stati Uniti si registrano già le prime tensioni. Alcuni sostenitori di Trump (circa 150) si sono radunati all’esterno di un centro elettorale nella contea di Maricopa, in Arizona. E, secondo il ‘New York Times’, molti di loro sarebbero armati. In Oregon, a Portland, sono esplose delle proteste che hanno portato a una decina di arresti e al sequestro di un mitra. Cinquanta arresti, invece a New York. Disordini anche in Georgia (ad Atlanta), Michigan (a Detroit) e California (a Oakland).