Le immagini degli orrori che arrivano dall’Ucraina dividono il mondo occidentale. Da un lato chi chiede un inasprimento delle sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin; dall’altro chi invece sceglie di mantenere un basso profilo senza condannare fino in fondo l’invasione decisa da Mosca.
Sul primo versante troviamo ad esempio la Polonia. Le autorità polacche – in prima linea nell’accoglienza dei profughi in fuga dall’Ucraina – hanno infatti chiesto all’Unione europea di estendere le sanzioni contro tutti i membri del partito di Putin, Russia Unita. Lo ha annunciato in conferenza il premier di Varsavia Mateusz Morawiecki, secondo cui “tutti sono responsabili”. Come ricorda l’agenzia Tass, gli iscritti di questo movimento politico sono oltre due milioni. I quali non stanno facendo mancare il loro sostegno allo Zar, il cui gradimento in patria è perfino aumentato.
Russia: Serbia, Ungheria e l’estrema destra francese fra gli “alleati” europei di Putin
Lo certifica l’ultimo sondaggio del Levada Tsentr, l’istituto demoscopico indipendente più autorevole del Paese e bollato come “agente esterno” dal Cremlino. Nonostante prima della guerra circa il 66% dei russi temesse le conseguenze di un conflitto, fra febbraio e marzo 2022 l’indice di approvazione delle azioni di Putin è schizzato dal 71 all’83%.
Intanto, lo Zar può contare anche sul sostegno di alcuni “alleati” anche in Europa. Un esempio lampante è quello della Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, uno dei cinque Paesi a votare a sfavore della risoluzione dell’Onu contro Mosca. Non è nemmeno un mistero il rapporto di amicizia fra Putin e Lukashenko, tanto che la regione di Gomel ha ospitato il primo round di negoziati russo-ucraini. Inoltre, in Bielorussia hanno trovato riparo i soldati colpiti dalle radiazioni a Chernobyl; e sempre qui l’esercito russo ha aperto un bazar per rivendere i beni saccheggiati in Ucraina.
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Nella schiera di “amici” della Russia il New York Times annovera anche altre due nazioni nel cuore del Vecchio Continente, i cui rispettivi leader nelle ultime ore hanno (stra)vinto le elezioni. La prima è l’Ungheria di Viktor Orban, che nella tarda serata di ieri, ha festeggiato dicendo di aver “vinto contro tutti”. “Una vittoria così grande – ha aggiunto il premier rieletto con il 54% dei consensi – che forse si riesce a vedere perfino dalla luna, e sicuramente da Bruxelles”. Orban finora si è sempre opposto alle limitazioni all’import di gas russo e l’Ungheria è uno dei pochi Paesi a non aver fornito armi a Kiev. Non a caso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che Orban “è virtualmente l’unico in Europa che sostiene apertamente Putin”.
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Il secondo esempio è quello della Serbia. Il presidente uscente, Aleksandar Vucic, ha rivendicato la vittoria schiacciante dei conservatori del Partito del progresso serbo, che hanno incassato circa il 60% dei consensi secondo le proiezioni, annunciando poi che il suo Paese manterrà buoni rapporti con la Russia restando però fermo sulla politica della neutralità militare in Ucraina. In particolare, Vucic ha fatto riferimento soprattutto agli accordi commerciali sul piano energetico, dal petrolio al gas. Infine, parlando con la stampa dopo il voto, ha garantito che la Serbia non metterà mai al bando capisaldi della cultura russa come Dostoevskij o Tchaikovsky.
La rete degli “alleati” dello Zar si estende poi a degli schieramenti politici di alcune importanti democrazie occidentali. Come la Francia, che il 10 aprile è chiamata alle urne per le presidenziali con l’uscente Emmanuel Macron dato per favorito. Ma al tempo stesso preoccupato perché insidiato dall’estrema destra di Marine Le Pen, sulla quale gode di un margine di appena il 6% nei sondaggi. Le Pen è una nota sostenitrice di Putin, tanto da averlo incontrato di persona nel 2017. Il suo partito, il Front National, ha anche ricevuto prestiti da una banca russa e Le Pen ha sempre criticato la “linea dura” sanzionatoria contro il capo del Cremlino.
Infine, l’ultimo caso è quello dell’Austria, dove Russia Unita ha trovato una sponda nel sovranismo locale. In particolare nel Partito della Libertà austriaco (Fpö) dell’ex vicecancelliere del primo governo Kurz, Heinz-Christian Strache, che nel dicembre 2016 si è recato a Mosca per firmare, insieme ad alcuni dirigenti del partito di Putin, un accordo di cooperazione fra i due movimenti. All’epoca Strache si è anche schierato contro le sanzioni internazionali per l’invasione russa della Crimea di due anni prima, definendole “economicamente dannose e inutili”.