50 miliardi di dollari come fondo cassa verrebbe visto in qualsiasi posto come un più che discreto salvavita. Ma non può esserlo in Russia. L’“Operazione Speciale” di Vladimir Putin (e le successive sanzioni dell’Occidente) stanno davvero portando il Paese al collasso. Alla fine dovrà essere proprio Mosca ad avere paura delle conseguenze economiche della guerra che ha scatenato contro l’Ucraina. Nonostante, proprio ancora nelle ultimissime ore, la propaganda dello Zar paventi conseguenze da fallimento anche per l’Europa. Ma quale sarà la vera situazione dell’economia della Russia?
Lo ha fatto capire, pur con tutte le prudenze del caso, la governatrice della Banca Centrale russa, Elvira Nabiullina, nell’intervento di domenica 17 aprile. Quando, pur con un linguaggio tecnico, ha descritto un quadro complicato per l’economia russa nei prossimi mesi. Ha preannunciato un nuovo taglio dei tassi di interesse per sostenere il rublo. A costo di lasciar correre l’inflazione, che a marzo è arrivata al 17,4%. La data chiave sarà quella del 4 maggio, fine del “periodo di grazia”. Cosa succederà dopo quella deadline? Putin sarà in grado di reggere a questo scossone?
L’oro di Mosca e le riserve in esaurimento: l’economia della Russia è a serio rischio
Gli analisti internazionali prevedono, a seguito della guerra e delle sanzioni, una caduta del Pil a due cifre. La Banca Mondiale parla di un -11% nel 2022, con un rimbalzo tecnico l’anno successivo. E questo anche se Putin, dopo le parole della governatrice, si è sentito in dovere di intervenire per garantire che il “blitzkrieg economico” dell’Occidente nei confronti della Russia “è fallito”. Perché il problema adesso non è tanto la crescita. Quanto la possibilità di riuscire a rimanere sui mercati finanziari.
Nei giorni scorsi Standard & Poor’s ha tagliato il rating di Mosca preconizzando un default selettivo sul debito estero. Tuttavia il problema è squisitamente tecnico prima che politico. E poggia tutto sulle riserve di Mosca all’estero. La Russia sta scontando il blocco di circa metà delle sue riserve da 600 miliardi di dollari non costituite da oro e yuan, ha detto la governatrice. Mentre un investimento alternativo delle riserve in valute di riserva non è stato ancora preso, spiega, perché la lista delle monete liquide “è limitata” e formata proprio dai paesi ostili a Mosca (euro, dollaro, yen etc). E questo nonostante Putin torni a chiedere di “accelerare” il passaggio dal dollaro “al rublo e ad altre monete nazionali” nelle transazioni internazionali.
Una mossa che ha garantito alla valuta di Mosca di non crollare e di tornare ai livelli pre-guerra. Ma che potrebbe non bastare a breve. Perché la Russia rischia di esaurire le risorse a breve. A spiegarlo è stato Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera. Per tamponare la mancanza di liquidi causata dalle sanzioni, la Banca Centrale russa ha messo sul piatto 38,8 miliardi di riserve valutarie. Le quali, unite ai ricavi della vendita di gas e petrolio, hanno consentito di attutire il colpo. La Cina è l’unico Paese che permette a Mosca di toccare le sue riserve. Ma, avendo impiegato già più di 30 miliardi degli 80 per sostenere il rublo fino ad oggi (come risulta dagli stessi comunicati dell’istituto), Mosca ha soltanto meno di 50 miliardi da spendere per fronteggiare una crisi valutaria.
Certo, a quel punto Putin potrebbe vendere le sue riserve in oro, che invece detiene direttamente. Ma mettere sul mercato una massa così imponente prima di tutto provocherebbe un crollo del prezzo. E poi lascerebbe la Russia senza più alcuna difesa. Sulla Stampa di oggi l’economista e direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi Giorgio Arfaras va oltre. E spiega che presto l’economia della Russia dovrà fronteggiare altri problemi difficili, se non impossibili da risolvere. Il blocco dell’import andrà a toccare settori che provocheranno il fermo di servizi essenziali. Mentre il taglio degli investimenti esteri provocherà effetti a catena anche su quelli domestici. In sintesi: il collasso di Mosca è inevitabile. A meno che Putin non fermi la guerra un attimo prima del default. Un’ipotesi, al momento, improbabile. Per un finale che, però, è ancora tutto da scrivere.